“Si affermò pure che un certo numero di quadri dei musei di Parigi erano stati spediti dalla Comune a Londra, per esservi venduti. A proposito dei bambini che spargevano il petrolio, un giornale esclamò: «Ecco l’istruzione che il cittadino Vaillant dava alla gioventù!». Esso descriveva in seguito il programma dei corsi: «Al mattino, dalle nove alle dieci, esercizi militari, dalle dieci alle undici, dettato: argomento del dettato estratto dal ‘Père Duchesne’; commento delle parole e delle espressioni che i bambini non comprendevano, tenuto conto della ingenuità propria della loro età. Dopo le tre, problemi di calcolo aventi sempre per oggetto le operazioni militari della Comune» (4). La stampa versagliese lavorava anche per l’estero. Essa affermò che fra le carte sequestrate alla Scuola militare, al Palais-Bourbon e in casa di Delescluze, si trovava una corrispondenza considerevole, relativa ad una cospirazione comunarda che doveva scoppiare a Bruxelles, dove si sarebbe applicato lo stesso programma incendiario di Parigi: «Si sapeva che prima di sei mesi, Lione, Marsiglia, Barcellona, Torino, Roma, Napoli, Vienna, Berlino, Mosca, l’Irlanda, la Spagna e le province Danubiane dovevano essere in fiamme» (5). Pe allontanare ogni commiserazione dai prigionieri, si dimostrò con la chiarezza del giorno che la Comune aveva reclutato le sue truppe fra i pregiudicati. Si segnalava che le funzioni di comandante di Belleville erano state esercitate dal forzato Schumaker, il quale da più di un anno si trovava in America (6). Si diceva di aver trovato a Satory fra i prigionieri alcuni forzati che avevano sulla spalla il marchio T.P. (e il marchio è stato abolito da 40 anni!). Si pubblicarono dei nomi fantastici di ufficiali ‘federati’, fra i quali quello di ‘Crapulinski’, colonnello dello stato maggiore. Lettere ricevute dai tribunali segnalavano, si diceva, la sparizione di quasi tutti gli individui sottoposti alla sorveglianza della polizia. Dunque essi erano andati a Parigi ad arruolarsi per la Comune. La connivenza di questi ‘banditi’ con la Prussia era manifesta. Il signor generale Trochu, che se ne intendeva, lo dichiarò alla tribuna. Dombrowski era un agente della Prussia. «Quanti indizi ci sono!» gridava il ‘Bien Public’. Questo biglietto trovato in via del Quattro Settembre: «Charles è partito per la Prussia; io vado a raggiungerlo!». Assi era l’agente di Karl Marx, agente segreto di Bismarck! (sic). Brunet aveva per amante la cameriera di un diplomatico tedesco. Il 21 marzo erano stati notati alle Tuileries, al Palais Royal, un gran numero di persone che passeggiavano, il cui travestimento borghese mal dissimulava l’origine germanica. Inoltre, nell’azione militare, requisizioni, incendi, impiego del petrolio, tutto era stato fatto alla prussiana (7). I veri capi del complotto erano Karl Marx, Jacobi, Diebnek e il russo ‘Touatchin’ (?). Era a Jacobi e a ‘Touatchin’ (?) che si doveva l’idea di bruciare Parigi. Erano state requisite in casa di una donna, abitante in via  Douay, un certo numero di lettere indirizzate al cittadino Frankel da membri della sezione tedesca dell”Internazionale’. Una di queste lettere constatava l’invio, da parte di fratelli e amici di Berlino, di una somma di seicentomila franchi, pagabile a Saint-Denis (8). Casse contenenti strumenti astronomici furono colpite da fuoco, durante la difesa dell’Osservatorio e un circolo di Rigault fu distrutto, Evidentemente i ‘Comunardi’ erano stati gli infami strumenti degli scienziati di Berlino, nemici del sistema metrico (9). Se i Prussiani avevano fucilato o fatto prigionieri un certo numero di federati che tentavano di passare la loro linea, la ragione era che essi dovevano nascondere bene il loro gioco e che Bismarck sapeva salvare le apparenze alla perfezione (10). Altri affermavano con gravità che nella sommossa vi era del bonapartismo. Un ex aggiunto del II circondario sostenne di aver riconosciuto fra i federati alcuni agenti della polizia segreta dell’Impero. La commissione d’inchiesta della Camera era dello stesso avviso. Ma queste accuse generali avevano un sapore ben lontano da quello delle precisissime calunnie dirette contro le personalità rimarchevoli della Comune, o della rivoluzione del 18 marzo” [Prosper-Olivier Lissagaray, ‘Gli ultimi giorni della Comune’, Roma, 1961] [(4) Figaro; (5) Paris Journal; (6) Petite Presse; (7) Bien Public; (8) Liberté; (9) De Fonvielle, Liberté; (10) Gaulois]