“Il marxismo sovietico, nel suo lato filosofico, era ed è tuttora radicato in Plechanov e in Lenin. Entrambi seguivano rigorosamente quello che allora passava per marxismo ortodosso: la codificazione del pensiero di Marx operata da Engels dopo la morte del suo più anziano compagno. Allorché quindi Lukács nel 1923 si presentò con una interpretazione fortemente originale che metteva in dubbio l’interpretazione engelsiana di Kant e di Hegel (e di conseguenza di Marx), l’indignazione degli ortodossi – sia nell’Europa centrale che nell’URSS – non conobbe limiti. A renderli ancor più furiosi intervenne Korsch, il cui ‘Marxismus und Philosophie’ considerava il materialismo in genere e il «materialismo dialettico» in specie come un ingenuo tentativo di ritornare ad una concezione prekantiana. Nel modo in cui Lukács, Korsch e i loro seguaci videro il problema, il marxismo era davvero – come aveva affermato Engels nel suo influente saggio su Ludwig Feuerbach del 1888 – l’erede della filosofia classica tedesca. Ma proprio per questo i marxisti dovevano evitare di ricadere nella concezione «precritica» – cioè prekantiana. Lukács si sentiva in dovere – sicuro della sua piena assimilazione della filosofia di Kant e di Hegel conseguita a Heidelberg negli anni precedenti la guerra – di correggere Engels in tutti quei punti in cui aveva ceduto a questa tentazione. ‘Storia e coscienza di classe’ aveva come sottotitolo ‘Studi sulla dialettica marxista’: una indicazione in sé abbastanza chiara che il suo autore non voleva aver nulla a che fare con il «materialismo». Ma la vera e autentica infrazione andava ben oltre. Infatti Lukács non si limitava a mettere in questione l’interpretazione engelsiana di Kant e di Hegel: egli giungeva invero a descrivere il materialismo dell’illuminismo come «la forma ideologica della rivoluzione borghese» (1). Se si vuol capire perché questa frase apparentemente innocua colpisse i comunisti russi e dell’Europa centrale come una bomba, bisogna cogliere la connessione filosofica e politica che passa tra la rivoluzione francese e quella russa. L’intera concezione del mondo di Lenin era incentrata sull’assimilazione del materialismo francese del diciottesimo secolo del quale il marxismo rappresentava a suo avviso la versione contemporanea. Se talvolta – per es. nei suoi «quaderni filosofici» del 1914-’16, pubblicati per la prima volta nel 1932 e ristampati nel volume 38 delle ‘Opere Complete’ – non mancò di elogiare la ‘Logica’ di Hegel, sulla quale aveva già condotto uno studio minuzioso, per altro non sembra avesse mai compreso l’incompatibilità tra il mondo dialettico di Hegel e il materialismo dottrinario nel quale era stato educato. Kant in particolare costituiva un anatema per lui, e il trattamento piuttosto inadeguato che Engels aveva riservato a Kant nel suo saggio su Feuerbach fu sufficiente a convincerlo – come Plechanov prima di lui – che Kant e Fichte non dovevano essere presi seriamente. Invece Lukács, che aveva fatto un severo tirocinio alla scuola neo-kantiana prima di passare a Hegel, conosceva meglio la cosa. Ma quello che non capì fu che, avventurandosi in questo campo, aveva involontariamente colpito al cuore il leninismo in quanto concezione del mondo. Per Lenin, come per gli altri marxisti russi della sua fede, Kant rappresentava una minaccia costante, poiché il suo «agnosticismo» riguardo all’esistenza di un «mondo reale» indipendente dal pensiero apriva verosimilmente una porta, per quanto secondaria, al «fideismo», cioè alla religione. Se il pensiero non è in grado di rappresentare il mondo nel suo reale fondamento, se esiste qualche cosa di inconoscibile – la «cosa in sé», per usare la terminologia kantiana – per quale ragione non potevano i metafisici idealisti pretendere che la scienza empirica fosse una finzione necessaria? Ed una volta ammesso ciò, non poteva verificarsi un ritorno strisciante alla teologia? E’ vero che Lenin modificò il suo punto di vista fino ad ammettere la non passività della coscienza umana, tuttavia non abbandonò mai realmente la teoria della riproduzione della conoscenza, alla quale aveva aderito in passato, e soprattutto continuò ad insistere sulla decisiva importanza del «materialismo dialettico» come filosofia della natura. Compito del materialismo era di fornire una spiegazione esaustiva dell’universo – altrimenti come avrebbe potuto sostituire la religione rivelata e la metafisica idealista?” [George Lichtheim, ‘Guida a Lukacs’, Milano, 1978] [(1) ‘Geschichte und Klassenbewusstsein’. I passi cruciali dell’errata interpretazione engelsiana di Kant e di Hegel si trovano a pp. 311 sgg. e 387 sgg. dell’edizione del 1968 di ‘Werke’, e la definizione del materialismo filosofico – il materialismo di Holbach e di Helvétius, e degli enciclopedisti francesi in genere – come «la forma ideologica della rivoluzione borghese» ricorre in una nota a p. 390 di questa edizione, che presenta una riproduzione inalterata del testo originale. (N.d.T. Per il testo italiano, cfr. ‘Storia e coscienza di classe’, op. cit., p. 266, n. 6; i due precedenti richiami, rispettivamente a p. 263 sgg. e p. 187 sgg). Tutti i passi importanti compaiono nel lungo saggio dal titolo ‘Die Verdinglichung und das Bewusstsein des Proletariats’, che costituiva la parte centrale della raccolta del 1923] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]
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- Articolo pubblicato:13 Luglio 2016