“Come vari studiosi americani hanno osservato, a partire da Current (1), Calhoun ha anticipato Marx (non fu in vero certo il solo a farlo) nel proclamare che tutta la società è stata storia della lotta di classe tra proprietari e non proprietari, tra detentori del controllo sui mezzi di produzione e coloro che ne sono privi. Si è avuto modo di notare nel corso di questo studio come Calhoun abbia altresì considerato – e qui vi è un’altra analogia con Marx molto significativa – il possibile connubio tra potere politico e potere economico quale una causa tale da ridurre il governo a comitato d’affari dell’oligarchia economicamente dominante. Un ulteriore elemento di analogia, infine, è la convinzione di Calhoun che il sistema capitalistico e il processo di industrializzazione da un lato rappresentassero uno straordinario, ineguagliato progresso nella storia dell’umanità e dall’altro che essi, in conseguenza dello sfruttamento, fomentassero la rivoluzione sociale. Detto questo, occorre subito mettere in evidenza ciò che nettamente separò l’americano dal tedesco. Pur convergendo nell’analisi di alcuni dati storico-empirici di grande rilievo, i due collocarono questi stessi dati in un contesto e in una visione del tutto divergenti. Calhoun riteneva la natura classista dei rapporti economico-sociali e lo sfruttamento elementi ineliminabili; Marx elementi storicamente condizionati, transitori e eliminabili. Calhoun pensava che la rivoluzione rappresentasse per il capitalismo una pericolosa possibilità da evitarsi; Marx la vedeva come una necessità e un processo inarrestabile. Calhoun considerava l’equiparazione del governo a comitato d’affari una degenerazione a cui ci si poteva opporre; Marx un modo di essere intrinseco al sistema capitalistico. Calhoun, insomma, agitava lo spettro della rivoluzione in nome della conservazione, Marx in nome del sovvertimento globale dell’ordine esistente. L’uno detestava quello spettro come un demonio, l’altro lo considerava l’angelo del Progresso. Il che era coerente con le diverse premesse che stavano alla base della pur comune teoria della lotta di classe come aspetto caratterizzante della dinamica sociale. Marx si collegava alla tradizione rivoluzionaria socialista francese che dal conflitto tra le classi aveva tratto l’idea del necessario rovesciamento della società borghese; Calhoun alla tradizione radicata nel pensiero dei Padri fondatori come John Adams e James Madison, i quali, mentre avevano riconosciuto la contrapposizione di interessi tra proprietari e non proprietari, avevano d’altra parte espresso la convinzione che quel conflitto potesse e dovesse essere regolato dalle istituzioni così da evitare che esso degenerasse in guerra sociale. Sostenendo per parte sua che ogni società civilizzata si fondava sulla lotta di classe, Calhoun riformulò nel contesto della modernizzazione capitalistica e in maniera più organica le idee che Adams e Madison avevano già consegnato alla cultura politica del loro paese. Il primo nella ‘Defence of the Constitutions of Government of the United States of America’ del 1787-88 aveva scritto che «in ogni società dove esiste la proprietà, ci sarà sempre una lotta tra i ricchi e i poveri». Il secondo nel famoso n. 10 del ‘Federalist’ aveva espresso un concetto in tutto simile (…). Certo è, comunque, che, quali che fossero le diversità, Calhoun al pari di Marx e prima di lui sviluppò una radicale critica alla società capitalistica borghese individualistica e dei suoi «idoli», all’interno della quale la difesa della comunità fondata sul sistema schiavistico giocò un ruolo di idea-forza paragonabile alla visione marxiana della società senza classi” [Massimo L. Salvadori, ‘Potere e libertà nel mondo moderno. John C. Calhoun: un genio imbarazzante’, Roma Bari, 1996] [(1) “Nel 1963 Richard N. Current, autore del notevole saggio del 1943 in cui, influenzando una serie di studi successivi, aveva attirato l’attenzione sulla tesi di Calhoun «anticipatore» di Marx, pubblicava un profilo complessivo del leader sudista assai critico nelle sue conclusioni” (pag 59)]