“Certo, non si trattò di una divisione del lavoro tra due ingegni uguali che avrebbero potuto indifferentemente scambiarsi le parti: la divisione avvenne sulla base di una certa diversità di interessi (6), e, una volta avvenuta contribuì a differenziare ulteriormente le due personalità. Toccò a Engels, in certo senso, la parte più ingrata, perché egli dovette – come più tardi Lenin in ‘Materialismo ed empiriocriticismo’ – occuparsi di argomenti in cui non era specialista, e, dopo la morte di Marx, poté farlo solo nei ritagli di tempo lasciatigli dall’immane lavoro di riordinamento e pubblicazione del ‘Capitale’ e da compiti politici e organizzativi sempre più vasti. La prefazione alla seconda edizione dell’Antidühring’ mostra che egli era consapevole dei rischi, e il fatto che egli non abbia portato a termine la ‘Dialettica della natura’ lo conferma. E tuttavia a un confronto con le scienze della natura e con le filosofie sorte sul loro terreno non era possibile sottrarsi. Considerando gli scritti dedicati da Engels alla filosofia della natura come una semplice ripetizione banalizzata della filosofia della natura di Hegel (o come una mezza capitolazione di Engels dinanzi al naturalismo volgare), si trascura, intanto, un aspetto fondamentale di questi scritti: la polemica contro i lati negativi del positivismo. Questi lati furono individuati da Engels con piena lucidità. L”Antidühring’, gli appunti per la ‘Dialettica della natura’, la parte conclusiva del ‘Ludwig Feuerbach’, molte pagine dell”Origine della famiglia’ mirano a combattere da una lato «quell’empirismo che interdice a se stesso il pensiero» e che proprio perciò lascia la porta aperta a evasioni nella religione e addirittura nella superstizione (7), dall’altro la pretesa del materialismo volgare tedesco «di applicare la teoria della natura alla società e di riformare il socialismo» (Dial. nat., p. 215). In Dühring – avversario di per sé troppo piccolo, come lo stesso Engels sapeva bene, per meritare una così insistita confutazione – Engels combatte gli errori tipici e il tipico eclettismo superficiale, di gran parte del positivismo del secondo Ottocento. E’ troppo semplicistico, perciò, dire che Engels rifiuta come metafisica, in nome della dialettica hegeliana, «il materialismo effettivo, cioè la scienza moderna». Tra il marxismo e la scienza del secondo Ottocento c’erano di mezzo i Dühring, cioè i frettolosi e incompetenti elaboratori filosofici delle grandi conquiste scientifiche. E qualche volta gli scienziati e i Dühring erano riuniti nelle medesime persone: c’era, da parte degli scienziati stessi, un modo sbrigativo di fare a meno della filosofia che si traduceva in incapacità di far corrispondere ai grandi progressi delle scienze naturali un altrettanto rivoluzionario sviluppo delle scienze della società umana. Di qui l’ammonimento di Engels che «gli scienziati che insultano di più la filosofia sono schiavi proprio dei peggiori residui volgarizzati della peggiore filosofia» (Dial. nat. 221 sg.). Ancora: Engels vide bene che il materialismo volgare di Moleschott, di Vogt e dello stesso Büchner (8) era nato come materialismo fissista, predarwiniano, e che la loro successiva adesione al darwinismo, non esente da riserve specialmente da parte di Vogt, non aveva prodotto un ripensamento totale della loro originaria concezione di una natura priva di storia: il darwinismo era stato «preso subito in affitto da questo signori», non veramente assorbito (Dial. nat. 215). E’ una osservazione tanto più acuta in quanto la confusione tra materialismo volgare (in senso proprio) e darwinismo ha continuato e continua a verificarsi, sia tra gli idealisti sia tra i marxisti. Di fronte all’opera stessa di Darwin non si scorge né un Engels pià pronto all’ammirazione incondizionata e un Marx più cauto e critico, né un Engels che, a differenza di Marx, pretenda di «dialettizzare» o «hegelizzare» il darwinismo. Che l’ammirazione di Engels per l”Origine delle specie’ sia stata interamente condivisa da Marx, fino a fargli considerare il darwinismo come qualcosa di corrispondente, nella storia della natura, a ciò che Marx stesso stava compiendo nell’economia politica è cosa nota (9). Che l’uno e l’altro abbiano espresso le loro riserve, dapprima sul «goffo metodo inglese» con cui l’opera di Darwin era condotta (10) e poi, soprattutto, sugli aberranti sviluppi del darwinismo sociale, è anche noto. Ma è interessante vedere come le obiezioni di Engels si spingano alquanto più in là di quelle di Marx. (…)”  [Sebastiano Timpanaro, ‘Sul materialismo. Terza edizione riveduta e ampliata’, Milano, 1997] [(6) Quanto ad Engels bisogna tener conto sia del suo maggiore interesse per le scienze naturali (vedi la prefazione alla seconda edizione dell”Antidühring’), sia della sua più pronta ricettività ai fatti politico-sociali e culturali nuovi (vedi la nota lettera di Marx del 4 luglio 1864: «Tu sai che 1. a tutto io arrivo con ritardo, e 2. che io seguo sempre le tue orme», con allusione, certo, alla parte di «precursore» che Engels aveva avuto rispetto a Marx anche nell’economia politica, tranne, poi, a raggiungere un minore grado di approfondimento); (7) Engels, ‘Dialettica della natura’, terza edizione italiana a cura di L. Lombardo Radice, Roma, 1967, p. 132. Vedi anche p. 212: «… quei numerosi scienziati, che nell’ambito della loro scienza sono materialisti inesorabili, e al di fuori di essa invece sono non soltanto idealisti, ma addirittura pii, e anzi ortodossi, cristiani»; e a pp. 65-75 l’articolo ‘La ricerca scientifica nel mondo degli spiriti’; (8) Büchner, tuttavia, merita assai meno degli altri due l’epiteto di «volgare», pur avendo in comune con essi la superficialità nel campo politico-sociale. Vedi V. Somenzi, ‘Materialismo e cibernetica’, in ‘Nuovi argomenti’, luglio-dicembre 1966, p. 253 sgg.; (9) Vedi l’introduzione cit. di Lombardo Radice alla ‘Dialettica della natura’, p. 16 sg. (1996 ma il proposito di Marx di dedicare il vol. II del ‘Capitale’ a Darwin non ebbe luogo, cfr. qui sopra, p. 14 n. 10). (Vedi inoltre V. Gerratana, ‘Marxismo e darwinismo’, nelle sue ‘Ricerche sulla storia del marxismo’ (cit. sopra, p. 17 n. 10, p. 69 sgg. (…)); (10) In questa critica si fondono due diversi motivi: da un lato un certo fastidio per quell’eccesso di minuziosità espositiva che è stato notato nell’opera di Darwin anche da studiosi recenti di formazione non marxista (vedi ad es. G. Montalenti, introd. a ‘L’origine delle specie’, Torino, Einaudi-Boringhieri, 1959, p. XXXI), dall’altro quella rivendicazione della grande tradizione filosofica tedesca contro l’«angusto» empirismo inglese, che costituisce insieme una forza e un pericolo del modo di pensare marxista (di Marx non meno che di Engels)]