“E’ naturale che storicamente il valore della forza lavoro muti, ciò risiede nell’intimo processo di sviluppo della merce forza lavoro stessa che non è una merce inanimata, ma è una merce vivente, umana, che ha bisogno di sostentarsi e di riprodursi. Con lo sviluppo del processo di produzione capitalistico, specie nelle sue forme tecniche, cambiano anche le condizioni di sostentamento e di riproduzione. Un padre operaio di cinquanta anni fa, ad esempio, doveva riprodurre un figlio operaio comune; oggi lo stesso padre deve riprodurre un figlio operaio altamente specializzato che abbia tutta una serie di nozioni tecnico-scolastiche, poiché è questo il tipo di operaio richiesto dalla moderna produzione capitalistica. Le spese supplementari di istruzione e di ulteriore sostentamento incidono logicamente – aumentandolo – sul valore della forza lavoro. Ciò significa, forse, annullamento dell’impoverimento del padre operaio? E’ assurdo sostenere una simile interpretazione. Si dirà che il salario reale già esprime questo fenomeno; ma ciò è vero solo in parte, poiché solo in ritardo, cioè solo al termine della rotazione e della riproduzione del capitale, il salario tende a realizzare il prezzo del valore della forza lavoro. In realtà si tratta della lotta tra capitale e lavoro per la realizzazione della forza lavoro al suo valore: il capitale cerca di mantenere i salari al minimo necessario ed i lavoratori tendono a realizzare il valore della forza lavoro per soddisfare i bisogni determinati dalle condizioni sociali concrete. Ma la tendenza è a favore del profitto capitalista ed è in questo senso che Marx conclude che la tendenza è alla diminuzione e non all’aumento dei salari medi. Difatti più la forza lavoro si avvicina a realizzare il suo valore in salario più aumenta il capitale costante nella composizione organica del capitale e, quindi, diminuisce il valore della forza lavoro in un mercato in cui aumenta l’offerta della merce forza lavoro. La disoccupazione è, appunto, un fattore di diminuzione del valore della forza lavoro, è cioè un fattore di impoverimento. I revisionisti obiettano che ciò non accade nei paesi dove esiste “il pieno impiego”, nei paesi dove, secondo loro, non agirebbe la legge della pauperizzazione. Dimenticano di considerare un fattore economico importantissimo ai fini della valutazione della merce lavoro: l’esportazione di capitali nelle zone arretrate. L’eccedenza di capitali, sotto l’aspetto che stiamo trattando, è il tentativo da parte del capitalismo di sfuggire alle conseguenze cui andrebbe incontro impiegando tutto il capitale nella madrepatria. Se ciò avvenisse, per una ipotesi puramente astratta, la riproduzione del capitale sarebbe interrotta da una crisi mortale. Quindi l’esportazione del capitale evita tale crisi e diminuisce il valore della forza lavoro con l’estrazione di un sovrapprofitto dalle zone arretrate. In questo modo si ha una specie di equilibrio. Da un lato si evita che l’eccedenza del capitale provochi la crisi e, dall’altro, il sovrapprofitto alimenta la composizione del capitale nella misura più adeguata a mantenere basso il mercato della forza lavoro. Non si crea una eccessiva disoccupazione e non si permette che il salario si avvicini al valore della forza lavoro. Anche su questo filo del rasoio sul quale cammina il capitalismo esiste, quindi, l’impoverimento dei lavoratori. E’ quella «incertezza dell’esistenza» per i lavoratori che Engels volle abbinare al concetto di “miseria”. Del resto Engels, rifiutando categoricamente la “legge ferrea della miseria”, ritiene – proprio come Marx con il concetto «aumento della massa della miseria», contrabbandato dai vecchi revisionisti come «aumento della miseria delle masse» – che la legge della pauperizzazione assoluta sia un fenomeno inevitabile di accrescimento della miseria, al quale solo la lotta dei lavoratori può contrapporre una diga arginante. Ciò significa che i lavoratori possono frenare il fenomeno ma non annullarlo a loro favore” [Arrigo Cervetto, ‘”Neocapitalismo” e pauperizzazione’, Capitolo VIII ‘Marx non è superato a Detroit’ (in) ‘Opere’. 3. ‘L’imperialismo unitario’, Edizioni Lotta Comunista, Milano, 2016]