“Non è molto chiaro – bisogna dire- che cosa Marx intendesse in realtà trasmettere ai suoi primi seguaci russi negli ultimi anni della sua vita, quando cominciò, seppure in modo sporadico, a prestare attenzione alle prospettive di trasformazione sociale e di rivoluzione in Russia (2). Nei suoi primi scritti, non meno che nel ‘Manifesto del Partito comunista’, Marx aveva affermato che il modo di produzione capitalistico stava diventando universale attraverso lo stesso processo di penetrazione nelle società arretrate non europee: «Il bisogno di sbocchi sempre più estesi per i suoi prodotti spinge la borghesia per tutto il globo terrestre» ed essa «trascina nella civiltà anche le nazioni più barbare» (3). Tuttavia, quando nel 1877 il populista russo N.K. Michailovskij pubblicò un saggio nel quale a Marx veniva attribuita l’opinione che in Russia il socialismo avrebbe potuto affermarsi solo dopo che vi si fosse pienamente sviluppato il capitalismo, Marx reagì aspramente e accusò Michailovskij di distorcere le sue opinioni, arrivando a «trasformare il mio schizzo storico della genesi del capitalismo nell’Europa occidentale in una teoria storico-filosofica della marcia generale fatalmente imposta a tutti i popoli, indipendentemente dalla circostanze storiche nelle quali essi si trovano» (4). La risposta di Marx indicava chiaramente come egli prevedesse per la Russia la possibilità di un’evoluzione storica diversa da quella che si era verificata per la prima volta in Occidente; anzi prospettava l’ipotesi che, in linea di principio, la Russia avesse «la più bella occasione che la storia abbia mai offerto a un popolo» di evitare «tutte le inevitabili peripezie del regime capitalistico» (5). Alla stessa prospettiva Marx si riferì, nel 1881, rispondendo a una richiesta di orientamenti e consigli rivoltagli da Vera Zasulic: citando l’edizione francese del ‘Capitale’, egli scriveva che «la fatalità storica»  dello sviluppo del capitalismo è «espressamente limitata ai ‘paesi dell’Europa occidentale’» (6). Le idee di Marx erano tuttavia rese più complicate dal fatto che egli sembrava considerare la ‘obscina’ (la tradizionale comune di villaggio russa) come l’unico «punto di appoggio della rigenerazione sociale in Russia» e quindi per  una transizione al socialismo. Temeva invece – come scrisse- «le influenze  deleterie [cioè, le intromissioni capitalistiche] che l’assalgono da tutte le parti»  e possono portarla alla dissoluzione» (7). Dava perciò l’impressione di dubitare della vitalità della comune come forma di organizzazione sociale e, conseguentemente, delle alternative non capitalistiche che si aprivano alla Russia. Al tempo stesso, pur continuando a considerare la prospettiva di una rivoluzione in Russia, in consonanza con una più o meno simultanea «rivoluzione operaia in Occidente», la considerava suscettibile di utilizzare la comune come «punto di partenza per un’evoluzione comunista» (8). Nell’ultimo decennio, del secolo – come avrebbe osservato Engels (9) – «gli antichi istituti sociali della vita agraria russa non solo [avevano perduto] valore, ma [stavano diventando] un inciampo», tanto che Plechanov, allora il maggiore esponente del marxismo russo, analizzando le forze che contrastavano lo sviluppo del socialismo in Russia, era giunto alla conclusione che non si potesse fare alcun affidamento per il futuro sulla comune agricola (10)” [Baruch Knei-Paz, Trockij: rivoluzione permanente e rivoluzione dell’arretratezza’, (in) ‘Storia del marxismo’, Volume terzo, ‘Il marxismo nell’età della Terza Internazionale. I Dalla rivoluzione d’Ottobre alla crisi del ’29’, Torino, 1980] [(2) Per gli scritti di Marx sulla Russia cfr. ‘Marx and Engels: The Russian Menace to Europe’, a cura di P. Blackstock e B. Hoselitz, London, 1953; (3) K. Marx e F. Engels, ‘Manifesto del Partito comunista’, in Id, Opere, vol. 6, pp. 489-90; (4) K. Marx, ‘Lettera alla redazione degli “Otecestvennye Zapiski”, novembre 1877, in K. Marx F. Engels e V.I. Lenin, ‘Sulle società precapitalistiche’, a cura di M. Godelier, Milano, 1970, p. 286; (5) Ibid. p. 285; (6) Ibid., p. 278; (7) Ibid. Cfr. anche la prefazione all’edizione russa del 1882 del ‘Manifesto’, in Opere, vol. 6, pp. 662-65; (8) Ibid. p. 663; (9) Cfr. le lettere di Engels a Danielson del 1891-93 e in particolare quella del 15 marzo 1892: la si veda in K. Marx F. Engels, ‘India, Cina, Russia’, a cura di M. Maffi, Milano, 1960, p. 260; (10) G.V. Plechanov, ‘Socializm i politiceskaja bor’ba’, in Socinenija, Moskva, 1923-27, vol. 2]