“Fuori dell’assemblea, le affermazioni più nette e più rivoluzionarie furono quelle che si lessero nella «Neue Rheinische Zeitung». Non che i suoi redattori, Marx e Engels, considerassero il problema italiano al centro della rivoluzione in corso. In materia internazionale, la necessità di una lotta dell’Europa intera contro la Russia fu, sin dall’inizio, l’elemento essenziale della loro visione. «Soltanto la guerra con la Russia è una guerra della Germania rivoluzionaria, una guerra dove essa lava i peccati del passato, dove tonifica se stessa, dove può vincere gli autocrati propri, dove essa, come conviene ad un popolo che scuote una schiavitù a lungo sopportata, riscatta la propaganda della civiltà con il sacrificio dei propri figli, e si fa libera all’interno, mentre libera all’esterno», diceva la «Neue Rheinische Zeitung» del 12 luglio 1848 (2). L’Italia era, agli occhi di Marx e di Engels, soprattutto un esempio preciso e netto della necessità d’unire inscindibilmente lotta democratica e indipendenza nazionale. Esempio, aggiungiamo, significativo e insieme di non difficile applicazione. Sui popoli slavi, dai boemi ai croati, non pochi furono i dubbi, le esitazioni, le contraddizioni loro. L’Italia era una nazione storica indiscussa. Altrettanto lo era il suo diritto all’indipendenza e alla libertà. Il problema era, per Marx e Engels, di politica interna: con quali forze, attraverso quali vie, realizzare questo programma. Al termine del 1847 Engels, come un po’ tutti in Europa, era stato ottimista e considerava matura la situazione italiana. Erano cresciuti i traffici e le industrie. «Il movimento in Italia è pertanto un movimento decisamente borghese. Tutte le classi entusiaste delle riforme, dai principi e nobili fino ai pifferai e ai ‘lazzaroni’, si presentano, per il momento, come borghesi; il papa è, per il momento, il primo borghese d’Italia» (3). Soltanto dopo la cacciata degli austriaci sarebbe cominciata la lotta tra borghesi e lavoratori. Anche la situazione internazionale era favorevole: «molto corretto» l’atteggiamento dell’Inghilterra, che si era «posta dalla parte del movimento italiano». «La borghesia inglese ha tutto l’interesse ad impedire una unione doganale protezionistica italo-austriaca, promuovendo invece un’unione doganale italiana diretta contro l’Austria, che sia fondata sulla libertà di commercio» (4). Deboli nella loro opposizione erano la Francia, la Russia e la stessa Austria di Metternich. Tutto sarebbe dipeso dalla Germania. «Una rivoluzione in Germania è un affare ben altrimenti serio di una rivoluzione a Napoli». Quest’ultima si sarebbe fermata alla «conquista di istituzioni decisamente borghesi» (5). Alla Germania era riservato diverso destino: a condizione, beninteso, di rompere nel modo più assoluto con la tradizione nazionalista. Discutendo con la «La riforma», un giornale di Lucca, il 24 febbraio 1848, Engels metteva in guardia gli italiani dall’idea di considerare il loro movimento simile a quello della Germania nel 1813-15. Era stata quella una «guerra reazionaria», condotta in «un’epoca ebbra di stupidità». Poi la rabbia antifrancese di quegli anni si era allargata in un’altrettanto vergognosa rabbia antilatina e antiitaliana” [Franco Venturi, ‘L’Italia fuori d’Italia’ – ‘Il risorgimento d’Italia’ – ‘Le rivoluzioni tedesche’, in ‘Storia d’Italia. Dal primo Settecento all’Unità. VI. L’Italia e l’Europa’, a cura di Ruggiero Romano e Corrado Vivanti, Milano, 2005] [(2) MEGA, Erste Abteilung, vol. VII, p. 181; (3) Articolo della “Deutsche Brüsseler Zeitung” del 23 gennaio 1848, tradotto in Karl Marx e Friedrich Engels, ‘Sul Risorgimento italiano’, con una prefazione di Ernesto Ragionieri, Editori Riuniti, Roma, 1959, p. 46; (4) “Deutsche Brüsseler Zeitung” del 20 febbraio 1848, in Marx-Engels, ‘Sul Risorgimento italiano’, cit. p. 50; (5) Ibid., p. 51]