“Un esempio: la crisi degli alloggi viene spesso imputata all’alto prezzo delle aree che è dovuto all’esistenza della rendita monopolistica. Si prende qui in considerazione non la crisi degli alloggi dovuta a particolari, intensi, imprevisti e incontrollati fenomeni migratori (crisi che si potrebbe chiamare congiunturale), ma la crisi che è propria del sistema e che è possibile riscontrare in tutti i paesi capitalistici (strutturale). Si dice appunto che l’alto prezzo delle aree impedisce un’elevata produzione di edilizia popolare. Ma l’alto prezzo delle aree che qui appare come il punto di partenza non è che il punto di arrivo, ossia la capitalizzazione della rendita. E la rendita non è che una forma del plusvalore il quale è prodotto secondo un determinato saggio. L’eliminazione della rendita, se non è l’eliminazione della quota di plusvalore che in essa si manifesta e quindi una riduzione del saggio di sfruttamento, non provoca da parte dei salariati una maggiore accessibilità alla merce-abitazione, che è una merce costitutiva della loro sussistenza. Cioè se il problema delle abitazioni appare immediatamente legato al prezzo delle aree, o in altri termini ad arretratezze e disfunzioni esistenti nel sistema, ad una considerazione più attenta si presenta come strutturalmente connesso allo stesso sviluppo del capitale. Si potrebbe ripetere con le parole di Engels: «Da dove deriva la crisi degli alloggi? Come è nata? Da buon borghese il Sig. Sax non può sapere che essa è un risultato necessario della forma sociale borghese, che non può esistere società senza crisi degli alloggi in cui la gran massa dei lavoratori fonda esclusivamente la sua esistenza sul salario, cioè sulla somma dei mezzi di vita necessari al proprio sostentamento e riproduzione, in cui i continui perfezionamenti alle macchine lasciano senza lavoro masse di operai, in cui violente crisi industriali regolarmente ricorrenti, da una parte determinano l’esistenza di una armata di riserva di disoccupati e dall’altra di tanto in tanto gettano sul lastrico una gran massa di operai; in cui l’operaio viene riunito in grandi masse nelle metropoli e molto più velocemente di quanto nelle presenti condizioni si provveda ad alloggi adatti; in cui si possono per questo motivo sempre trovare inquilini per i più infami porcili; in cui infine il padrone di casa nella sua qualità di capitalista non solo ha il diritto, ma in un certo senso l’obbligo, per via della concorrenza, di trarre senza riguardo dalla sua abitazione il canone più alto. In tale società la crisi degli alloggi non è un caso, è un’istituzione necessaria, può essere eliminata insieme con le ripercussioni sulla salute, etc, solo se viene rivoluzionato da cima a fondo l’ordine sociale complessivo da cui la crisi degli alloggi è generata» (1)” [Guglielmo Lisanti, ‘Città e rendita fondiaria’, Estratto da ‘Problemi del socialismo’, Roma, n. 15, maggio-giugno 1973] [(1) F. Engels, Sulla questione delle abitazioni, Roma, p. 56-57]