“Il fatto è che la parte più viva della letteratura dell’Italia giolittiana sta in un istinto eversivo e anarchico che non sa e non può, eppure vorrebbe, incanalarsi, tendere a uno scopo: sarà la guerra a dagli uno sbocco in senso apertamente borghese, a riassorbirlo, quasi sempre definitivamente, in una prospettiva antisocialista e antipopolare, a cui nessuno (né Jahier, né Slataper, né Serra, né Boine, né Salvemini) seppe sottrarsi. Allora veramente apparirà realizzata nella sua chiarezza esemplare l’analisi marxiana degli intellettuali: «La divisione del lavoro che abbiamo già visto come una delle forze principali di tutta la storia sviluppatasi finora, si manifesta ora anche nella classe dominante come divisione fra lavoro intellettuale e lavoro materiale, cosicché all’interno di questa classe una parte si presenta come i pensatori di questa classe (i suoi ideologi attivi, capaci di elaborazione, i quali fanno dell’elaborazione dell’illusione di questa classe su se stessa il loro mezzo fondamentale di sostentamento), mentre gli altri si comportano rispetto a queste idee e illusioni in maniera più passiva e ricettiva, perché essi sono in realtà i membri attivi di questa classe ed hanno meno tempo per farsi illusioni e idee su se stessi. All’interno di questa classe tale scissione può perfino svilupparsi fino a creare una certa contrapposizione e ostilità fra le due parti, che però cade da sé di fronte ad ogni collisione pratica che mette in pericolo la classe stessa, nel qual caso scompare anche la parvenza che le idee dominanti non siano le idee della classe dominante ed abbiano un potere distinto dal potere di questa classe» (1). Di fronte alla «collisione pratica» che metteva in pericolo «la classe stessa» – di fronte alla guerra e all’avversione ad essa delle masse popolari – tutti i «giovani» (e non solo, dunque, i futuristi) fecero blocco intorno alla borghesia, appoggiandone lo sforzo bellico e la campagna ideologica antineutralista” [Romano Luperini, ‘Letteratura e ideologia nel primo novecento italiano. Saggi e note sulla “Voce” e sui vociani’, Pisa, 1973] [(1) K. Marx F. Engels, L’ideologia tedesca, op. cit, p. 36]
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- Articolo pubblicato:24 Marzo 2016