“Si son passate in rapida rassegna codeste poche definizioni di storia economica all’unico scopo di dimostrare quanta incertezza regni tuttora fra i cultori di storiografia economica circa il campo di indagine, i suoi limiti, il metodo, i fini e la legittimità stessa della nostra disciplina. Chi ne vuole una ulteriore conferma può leggere la istruttiva polemica svoltasi nel 1941 sulla ‘Nuova rivista storica’ tra il Fanfani e il Barbagallo a proposito della ‘Introduzione allo studio della storia economica’ pubblicata dal Fanfani e della teoria neovolontaristica da lui avanzata. Orbene, codesta incertezza, che ha notevolmente influito non solamente sullo sviluppo della storia economica, determinandone alcuni fraintendimenti e deviazioni, quanto anche sui criteri di scelta dei suoi strumenti di ricerca, si dilegua sol che si corra con la mente alla concezione della storia nel pensiero di K. Marx. Basterà qualche richiamo utile alla nostra trattazione. E’ noto che nella prefazione a ‘Per la critica dell’economia politica’ Marx diede del suo pensiero la più sintetica formulazione: “…nella produzione sociale della loro esistenza – egli scrisse – gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado delle loro forze produttive materiali. L’insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una soprastruttura giuridica e politica e alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale. Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita” (15). “Questa concezione della storia – afferma Marx nell”Ideologia tedesca’ – dipende dai seguenti punti: spiegare il reale processo della produzione e precisamente partendo dalla produzione materiale della vita immediata, comprendere la forma dello scambio connessa con questo modo di produzione e da esso generata, e quindi la società civile nei suoi vari gradi, come base di tutta la storia, e, sia rappresentarla nei suoi fatti come stato, che spiegare, partendo da essa, tutti i diversi prodotti teorici e tutte le forme della coscienza, religione, filosofia, morale ecc., e seguire il loro processo genetico; è così possibile allora, naturalmente, anche rappresentare la cosa nella sua totalità (e perciò anche l’azione reciproca di questi vari lati l’uno sull’altro)” (16). Alla luce di questi principi il dualismo insanabile della storiografia idealistica, che fa distinzione fra storia generale (politica, sociale, religiosa ecc.) e storia economica, riducendo quest’ultima ad umile disciplina sussidiaria, scompare per far posto alla storia integrale, o storia ‘tout court’, nella quale si risolvono quelle economica, politica, sociale, religiosa, come altrettante manifestazioni dell’attività umana, che trovano significazione e forza in un rapporto scambievole e in un legame indissolubile rappresentato dall’economia, la quale affonda le sue radici nei bisogni fondamentali dell’uomo” [Leopoldo Cassese, ‘Storia economica. XIX lezione. Le fonti della storia economica dell’Ottocento. Il Regno di Napoli’, Roma, 1955] [(15) Marx-Engels, ‘Sul materialismo storico’, Ed. Rinascita, 1949, p. 43; (16) Marx-Engels, op. cit., p. 18]
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- Articolo pubblicato:11 Dicembre 2015