“La guerra di Crimea fu un passaggio chiave per la politica di bilancia inglese nel Mediterraneo, per il versante centrato sulla difesa della Turchia contro la Russia. Essa ebbe però come ‘casus belli’ la disputa tra chiese ortodosse e chiese latine sulla protezione dei Luoghi Santi. Riepilogandone in un articolo del 1854 l’intricatissima trama, Karl Marx ne concludeva che quel cozzare di Stati, di chiese e di sette, attorno a Gerusalemme e al Santo Sepolcro, non era che “una fase della questione d’Oriente, che si rinnova incessantemente, regolarmente si calma, ma non è mai risolta”. Il crollo dell’Impero turco, il mandato britannico tra le due guerre, la decolonizzazione, l’inserimento dello Stato d’Israele, il moltiplicatore petrolifero delle tensioni hanno radicalmente mutato gli attori e la portata dell’area di crisi, ma rimane vitale l’indicazione di metodo. Quella situazione endemica di tensioni e conflitti aveva radici storiche pressoché inestricabili e una logica propria di movimento, inclusa la capacità d’influire sulle nascenti opinioni pubbliche europee in forza dei legami etnici e religiosi. Andava intesa però non in sé, ma appunto come “una fase della questione d’Oriente”, ossia per come si offriva a pretesto nel conflitto tra le potenze”‘ [Guido La Barbera, ‘L’Europa e la guerra’, Edizioni Lotta Comunista, Milano, 2007]