“La guerra commerciale comporta la più ampia guerra per l’influenza economica. Si scontrano colossi (…). Su questi accordi e trusts internazionali esistono parecchie pubblicazioni (v. per es.: Lewinson: ‘Trusts et Cartels dans l’économie mondiale’, Librairie de Medices, Paris, 1950; Plummer: ‘International combines in Modern Industry’, New York, 1948; Watckins e Stockings: ‘Cartels in action’; U.N.O. Dep. of Economic Affairs: ‘International cartels’, New York, 1947). Risulta da queste pubblicazioni che oltre il 50% della produzione mondiale è cartellizzata internazionalmente. Si crea inoltre una internazionale del capitale. I maggiori gruppi sono fra di loro collegati. La Du Pont americana, la ICI inglese era strettamente collegata con la I.G. Farben tedesca; le case Morgan, Rotschild hanno legami ovunque. Questi legami non cessano di agire neanche durante la guerra. Ciò è stato rilevato nella prima guerra mondiale e in questa seconda (si legga Reimann: ‘Patents for Hitler’, London, Gollancz, 1946). (…) Questi accordi si scontrano però con un’altra legge che il marxismo – in particolare Lenin – ha rilevata, e cioè lo sviluppo ineguale e a salti del capitalismo, sia per settori industriali che per paesi. Questo diverso ritmo di sviluppo altera i rapporti di forza e spinge a nuove periodiche ripartizioni nei contingenti assegnati, nei prezzi, nei mercati e nella influenza politica. La legge dello ‘sviluppo diseguale del capitalismo’ [che] ha notevole importanza per lo sviluppo economico e la storia dell’umanità, (…) si riscontra nel capitalismo in tutti i campi. (…) Vi sono stati degli scrittori borghesi, tra i quali è da ricordare il Robbins nella sua opera ‘Le cause economiche della guerra’ tradotto anche in italiano e pubblicato da Einaudi, che hanno cercato di confutare la tesi di Lenin, ma chi legge il libro (scritto nel 1940) e pensa agli avvenimenti successivi, si accorge che la confutazione è tanto debole che si traduce in una conferma. La stesso autore ha infatti ripudiato il libro. La storia è del resto la conferma più sicura. (…) Oggi nessun testo di storia attribuisce la prima guerra mondiale all’attentato di Sarajevo anziché alla rivalità del capitalismo anglo-tedesco o la seconda a Danzica. Ciò che forse non è pienamente compreso è la “necessità” della guerra per il capitalismo giunto allo stadio dell’imperialismo. (…) La guerra comporta enormi distruzioni ed enormi sofferenze. Essa accelera lo sviluppo di un altro fenomeno espressione e causa nello stesso tempo dell’imperialismo: l’impoverimento della classe operaia (…). Questo fenomeno trova la sua spiegazione nelle leggi di sviluppo del capitalismo, sicché era stato chiaramente previsto da Marx con la tesi erroneamente detta della “miseria crescente” e appare con piena evidenza nell’epoca dell’imperialismo. Marx ed Engels avevano con poderosa sintesi tracciato le linee di sviluppo del sistema capitalistico già nel ‘Manifesto dei Comunisti’ e già allora previsto il costituirsi di una disoccupazione permanente. Nel ‘Capitale’ Marx ha scientificamente dimostrato tale sviluppo necessario, legandolo all’aumento della composizione organica e alla conseguente caduta del saggio del profitto (Il capitale, v. in particolare vol. I, tomo I, pag. 300 e seg.). La storia ha confermato le previsioni marxiste. Mentre all’inizio del 1900 le teorie revisioniste di Bernstein ed altri riformisti oggi dimenticati, avevano cercato di confutare l’affermazione marxista, oggi non vi è scrittore borghese il quale non ammetta e provi con dati statistici: a) la relativa diminuzione della quota di reddito attribuita al lavoro nel complesso del reddito nazionale; b) che l’aumento della produttività del lavoro è sempre stato superiore all’aumento dei salari reali; c) l’esistenza di una disoccupazione permanente; d) il peggioramento delle condizioni di vita dei lavoratori in senso assoluto dal 1914 in poi” [Antonio Pesenti, ‘Economia politica. XXIII lezione. L’oligarchia finanziaria e lo Stato’, Roma, 1955] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]
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- Articolo pubblicato:8 Dicembre 2015