“La Comune, poi, non si prestava assolutamente a un’analisi riguardante la questione del partito, infatti, nel 1871, alla sua testa non c’era assolutamente un partito che potesse pretendere di rappresentare la classe proletaria, ma un blocco di tre tendenze: i blanquisti, i democratici e i proudhoniani. La funzione del partito era talmente confusa che, come rilevò Engels, in quel periodo, in seno alla Comune, assistemmo a un brusco capovolgimento delle posizioni precedentemente sostenute dalle correnti propriamente operaie: da un lato i proudhoniani, che si erano sempre opposti alla costituzione di grandi associazioni operaie, ne divennero i sostenitori, dall’altro i centralisti blanquisti si misero a predicare il federalismo e l’immediato scioglimento di tutti gli strumenti di difesa dello Stato contro il capitalismo. Subito, a pochi giorni dalla caduta della Comune, Marx scrisse ‘La guerra civile in Francia’ alla quale, vent’anni dopo, Engels stese la sua prefazione, senza comunque sfiorare il problema del partito. Lenin, riprendendo la dottrina della dittatura del proletariato, doveva perciò indirizzare la sua critica al problema centrale della Comune: l’estrema debolezza della lotta contro il capitalismo e le sue istituzioni. Nel quadro della “dittatura dello Stato” Lenin era giunto a concepire l’estinzione dello Stato grazie alla dissociazione di quelle che Engels considerava le branche essenziali dello Stato: burocrazia ed esercito. Inoltre Lenin, seguendo Marx e più propriamente Engels, considerava che i provvedimenti riguardo all’elezione e la revocabilità dei funzionari contenessero le necessarie premesse alla salvaguardia della natura proletaria dello Stato” [‘Partito, Internazionale, Stato’ (Bilan) in ‘Rivoluzione e reazione. Lo Stato tardo-capitalistico nell’analisi della sinistra comunista’, Milano, 1983′, a cura di Alberto Giasanti]