“La prima distinzione del capitale nel processo produttivo deve perciò essere quella tra capitale costante e capitale variabile. Dice Marx: “la parte del capitale che si converte in mezzi di produzione, cioè in materie prime, in materie ausiliarie e in mezzi di lavoro non cambia la propria grandezza di valore nel corso del processo produttivo. Chiamo dunque questa parte, parte costante del capitale o semplicemente capitale costante. Invece la parte del capitale convertita in forza lavoro cambia valore nel processo di produzione. Essa, riproduce il suo proprio equivalente, e inoltre produce una eccedenza, il plusvalore che a sua volta può variare, può esser più o meno grande. Questa parte del capitale si trasforma contemporaneamente da grandezza costante in grandezza variabile. Quindi la chiamo parte variabile del capitale o in breve, capitale variabile” (1). Questa è la distinzione fondamentale. Il capitale costante viene poi distinto per alcune sue caratteristiche tecniche in capitale fisso e capitale circolante. Capitale fisso è il capitale che non si consuma in un solo processo produttivo, ma in più processi produttivi. E’ chiaro che trasmette nel valore prodotto solo la parte consumata; così gli edifici, così le macchine. Capitale circolante è quello che invece viene consumato nel processo produttivo e quindi entra tutto nel nuovo prodotto: così la materia prima, alcune materie ausiliarie (carbone, etc.). La distinzione ha valore secondario, di fronte alla prima essenziale” [Antonio Pesenti, ‘Economia politica. IX lezione. Il lavoro nella produzione capitalistica’, Roma, 1955] [(1) Marx: Il Capitale’, Ed: Rinascita, Roma, vol. I, Tomo I, cap. IV, pag 228]