“I primi seguaci di polacchi di Marx ed Engels non erano marxisti; erano patrioti in esilio, votati all’idea romantica di una fratellanza rivoluzionaria delle nazioni, convinti che la causa di tutti gli oppressi – delle classi oppresse come delle nazioni – fosse ovunque fondamentalmente la stessa, e profondamente impressionati dalla coerente posizione filopolacca dei padri del “socialismo scientifico”. Sin dalla rivoluzione di Cracovia, nel 1846, Marx ed Engels sostennero che il movimento di liberazione nazionale polacco, che si rivolgeva contro la reazionaria Santa Alleanza e aveva abbracciato l’idea della rivoluzione agraria, era la più consistente forza rivoluzionaria a est dell’Elba, che la Polonia era divenuta “la parte rivoluzionaria della Russia, dell’Austria e della Prussia” (2), e che la sua liberazione aveva particolare importanza per la trasformazione e l’unificazione della Germania. Alla Polonia, ritenevano, dovevano essere restituiti i confini del 1772, perché solo un grande Stato polacco poteva essere abbastanza forte e vitale da proteggere l’Europa dall’influenza reazionaria della Russia zarista, particolarmente sentita in Germania. Nell’insurrezione polacca del 1863 essi videro l’inizio per l’Europa di una nuova era rivoluzionaria (3), e nel corso dell’insurrezione Marx propose al colonnello polacco Lapinski l’organizzazione di una legione che combattesse dalla parte dei polacchi sotto la bandiera nazionale tedesca (4). Sentimenti filopolacchi di questo genere erano ormai molto diffusi nella classe operaia dell’Europa occidentale, se proprio durante una riunione di operai francesi e inglesi, organizzata a Londra nel luglio 1863 a sostegno dela lotta polacca, nacque l’idea dell’Associazione internazionale dei lavoratori. Nell’ambito dell’Internazionale Marx e Engels dichiararono che la causa polacca costituiva una questione particolarmente importante per la politica estera della classe operaia, e difesero risolutamente questa tesi dagli attacchi dei proudhoniani, secondo i quali – e a ciò non fu estranea la propaganda ufficiale zarista – l’insurrezione polacca era un movimento della nobiltà cattolica reazionaria. In polemica con i proudhoniani Engels scrisse: “Con una sola eccezione [Proudhon] – di cui dirò più particolareggiatamente tra poco – i lavoratori europei dichiararono unanimemente che la restaurazione della Polonia è una parte fondamentale del loro programma politico, l’espressione più pregnante della loro politica estera” (5). Non sorprende dunque se l’Internazionale si conquistò le simpatie di molti polacchi, a volte persino tra i conservatori liberali, e se alcuni aderenti alla sinistra dell’emigrazione patriottica polacca entrarono a farne parte e lavorarono nel suo Consiglio generale, sostenendo le scelte politiche di Marx e di Engels, giustamente considerati i loro migliori amici. La consapevolezza del fatto che, secondo le parole di Marx ed Engels, dovevano essere rivoluzionari o perire (6) fu uno dei principali motivi per cui gli esuli polacchi diedero massiccio appoggio alla Comune di Parigi. Due capi dell’insurrezione polacca del 1863 divennero comandanti in capo della città rivoluzionaria: Jaroslaw Dabrowski, che poi morì su una barricata, fu comandante in capo di tutte le forze militari della Comune; Waleri Wroblewski, comandante in capo della riva sinistra della Senna, organizzò l’ultimo nucleo di resistenza alle truppe di Versailles e lo difese fino all’ultimo. Dopo la sconfitta Wroblenski entrò a far parte del Consiglio generale dell’Internazionale e divenne intimo amico di Marx e di Engels, le cui case furono per lui (sono parole sue) “les seules maisons fraternelles” (7)” [Andrzej Walicki, Il marxismo polacco fra Otto e Novecento. (in) ‘Storia del marxismo’, Torino, 1979] [(2) K. Marx F. Engels, Il dibattito sulla Polonia e Francoforte’, in ‘Opere’, Roma, 1974, vol. 7, pp. 384-85; (3) Cfr. Marx a Engels, 13 febbraio 1863, in ‘Opere’, cit., vol. 41, p. 359; (4) Cfr. Borejsza, W Kregu cit., pp. 371-88. Marx parlò delle sue conversazioni con Lapinski nella sua lettera a Engels, 12 settembre 1863, in ‘Opere’; cit., vol. 41, p. 409. La reazione intellettuale di Marx all’insurrezione del 1863 è documentata nei suoi manoscritti sulla Polonia, editi recentemente, la cui tesi principale è che la restaurazione della Polonia è una necessità assoluta per i democratici tedeschi, in quanto unica via per liberare la Germania dalla tutela della Russia zarista. Cfr. K. Marx, Manuskripte über die Polnische Frage (1863-1864). Herausgegeben und eingeleitet von Werner Conze und Dieter Hertz-Eichenrode, s’Gravenhage, 1961. Dieci anni dopo uscì in Polonia una nuova edizione arricchita (in tedesco e in polacco) (…) curata da un g ruppo di storici sovietici, polacchi e tedeschi; (5) Cfr. F. Engels, Was hat die Arbeiterklasse mit Polen zu tun?, in Mew, vol. 16, pp. 153-63; (6) Cfr. Mew, vol. 18, p. 526; (7) Citato da Borejsza, W kregu, cit., p. 163]