“Si è finora rilevata la problematicità filosofica con cui Engels si misurò in Inghilterra tra il 1842 e il 1844, non per contraddire la sua affermazione sulla crescente consapevolezza dell’importanza dei “fatti economici”, ma per mostrare di quale portata fu lo sforzo intellettuale e di immaginazione che egli dovette compiere prima di poter scrivere ‘La situazione della classe operaia in Inghilterra’, un libro che non è certo il semplice risultato di un’inchiesta intelligente, ma che rappresenta anche un profondo cambiamento nella sua posizione politica e teorica. La strada che dovette percorrere, e la mole di ciò che dovette dimenticare – non solo i presupposti dell’idealismo radicale tedesco, ma anche, in pratica, tutte le varianti di socialismo conosciute a quel tempo – potranno essere messe in giusto rilievo da un esame dei mutamenti intervenuti nella sua concezione della rivoluzione della classe operaia e dell’industria moderna. Engels era giunto in Inghilterra subito dopo lo sciopero generale cartista, fiducioso nella profezia di Hess su un’imminente rivoluzione sociale che avrebbe portato alla realizzazione del comunismo. Occorrerà ricordare che, nella prospettiva di Hess, comunismo significava trionfo dei principi di comunità e “unità” sull’egoismo e la frammentazione (21). Non era il risultato di una guerra tra le classi, né la sua realizzazione rientrava nei destini di una classe particolare. Più volte Hess aveva confutato l’identificazione – proposta da Lorenz von Stein – del comunismo  con un proletariato spronato da un desiderio avido e egoistico di eguaglianza che gli veniva dallo stomaco (22). Engels perciò agì con perfetta coerenza, nel gennaio 1843, quando rifiutò l’invito di Bauer, Schapper e Moll di aderire alla Lega dei giusti. Non poteva accettare il comunismo degli artigiani tedeschi poiché, come più tardi confessò “al loro angusto comunismo egualitario io contrapponevo allora una buona dose di altrettanto angusta altezzosità filosofica” (23). Come scrisse più avanti in quello stesso anno a proposito dei comunisti filosofici tedeschi, fra cui contava anche se stesso, “una rivoluzione ‘sociale’ fondata sulla comunità dei beni” era “la sola condizione umana compatibile con i principi da loro in astratto professati” (24). I tedeschi dunque tendevano inevitabilmente al comunismo in quanto “i tedeschi sono un popolo filosofico e non abbandoneranno, non potranno abbandonare, il comunismo, quando sia fondato su retti principi filosofici, e tanto più se è derivato, come conclusione inevitabile, dalla ‘loro stessa’ filosofia. E’ questo ora il compito che ci spetta”. Perché il socialismo interessava tutta l’umanità, e non solo gli interessi di una classe particolare, non è sorprendente che per gran parte della sua permanenza in Inghilterra Engels attribuisse importanza assai maggiore agli owenisti che non ai cartisti. “Quanto alle dottrine particolari del nostro partito – scriveva nel 1843 – più che a ogni altro partito siamo vicini ai socialisti inglesi” (25). Fu assai colpito dai grandi passi avanti compiuti in Inghilterra dalla pratica socialista, e l’unico punto di disaccordo consisteva nel fatto che “i socialisti sono appunto ancora inglesi quando dovrebbero essere solamente uomini, dello sviluppo filosofico avvenuto sul continente essi conoscono solo il materialismo, ma non anche la filosofia tedesca; e qui sta la loro deficienza” (26). Il suo distacco dalla posizione dei cartisti fu ulteriormente allargato dal loro concentrarsi sul superamento di ‘una’ forma dello Stato piuttosto che dello Stato stesso. Scriveva infatti: “La democrazia è, come ritengo sia ogni forma di governo, un falso, una semplice ipocrisia (teologia, come diciamo noi tedeschi) nella sostanza” (27). Sin dall’inizio provò evidentemente ammirazione per lo spirito combattivo dei cartisti, ne considerò inevitabilmente la vittoria; ma i suoi occhi guardavano sempre oltre l’effimero trionfo della democrazia. I socialisti, scriveva nel gennaio 1844, “sono l’unico partito inglese che abbia un avvenire, quale che sia la loro relativa debolezza attuale. La democrazia, il cartismo dovranno presto affermarsi, dopo di che la massa dei lavoratori inglesi non avrà altra alternativa che fra la morte per fame e il socialismo” (28)” [G. Stedman Jones, Ritratto di Engels. (in) ‘Storia del marxismo’, Torino, 1978] [(21) V. M. Hess, ‘Philosophie der Tat’, in M. Hess, ‘Sozialistische Aufsätze’, a cura di T. Zlocisti, Berlin, 1921, pp. 62-63; (22) L. Von Stein, ‘Der Sozialismus und Kommunismus des heutigen Frankreich’, Leipzig 1842; (23) Engels, ‘Per la storia della Lega dei comunisti’, cit., p. 1082; (24) Id., ‘Progressi della riforma sociale sul continente’, cit., pp. 442-43; (25) Ibid, p. 443; (26) Engels, ‘Carlyle’, cit., p. 507; (27) Id., ‘Progressi della riforma sociale sul continente’, cit., p. 429; (28) Id., ‘Carlyle’, cit., p. 507]