“Per Marx l’attributo di dialettico era la cosa essenziale. Al pari di Hegel, egli considerava la spiegazione meccanicistica come adatta alla fisica e alla chimica per la ragione che queste scienze trattano di materie che non implicano problemi di sviluppo storico; Marx non credette mai che i metodi delle scienze potessero essere adottati dalle scienze sociali. La dialettica era vista da lui come l’unico metodo logico in grado di trattare di una materia in continuo sviluppo e di rivelare la “necessità” di quello sviluppo. Come Hegel, anche Marx considerava la spiegazione meccanicistica come appartenente ad una forma inferiore di logica perché tratta di una forma inferiore di realtà. In seguito, certo, dopo la pubblicazione dell”Origine della specie’ di Darwin, Marx rivendicò alla sua teoria dello sviluppo sociale un’affinità con l’evoluzione organica, e vi è infatti una somiglianza superficiale fra la lotta di classe e la selezione naturale. Ciò che colpì Marx ad una prima lettura del libro di Darwin fu il suo “rozzo metodo inglese di sviluppo” (1), perché la teoria dell’evoluzione di Darwin era strettamente una generalizzazione empirica, una teoria causale del mutamento che non implicava alcun progresso, mentre la dialettica era per Marx e per Hegel una legge della logica. Essa forniva una teoria ‘a priori’ del progresso che era ad un tempo un principio di spiegazione e una valutazione. Il materialismo di Marx non eliminò mai l’assunto hegeliano di una forza sottostante che è la realtà nascosta dietro una molteplicità di manifestazioni e apparenze effimere. Il modello metafisico che le si adattava non era il meccanicismo ma una forma di vitalismo naturalistico. Contemporaneamente diverse implicazioni del “materialismo” erano importanti per Marx. In primo luogo egli tendeva a identificarlo con la “scientificità” e, sebbene non credesse affatto che gli studi sociali potessero imitare la fisica, pensava tuttavia che si potesse farli diventare altrettanto precisi e certi. Fu facilmente convinto da Feuerbach, quindi, che concetti come quelli dello “spirito assoluto” o dello “spirito del tempo” erano meramente immaginari e che le reali forze motrici della storia in una società sono le sue condizioni materiali. Marx era del tutto privo della sprezzante arroganza verso la scienza che Hegel mostrava di tanto in tanto. In realtà si ha l’impressione che l’inclinazione naturale del pensiero di Marx fosse essenzialmente pratica ed empirica; pochi uomini politici hanno edificato la propria condotta politica su un corpo di conoscenze storiche ed economiche paragonabile a quello di Marx. Era forse questa caratteristica mentale che rendeva in certo modo vaghe le ampie generalizzazioni della filosofia di Marx. Talvolta espressioni come “le tendenze che operano con ferrea necessità verso un fine inevitabile” (che compare nella prefazione al ‘Capitale’) sono impiegate come se si trattasse di dogmi puri e semplici, ma altre volte vengono impiegate come stimolanti ipotesi di lavoro. Talvolta egli parla come se il materialismo dialettico fosse una formula che può essere applicata meccanicamente a qualsiasi periodo della storia, ma altre volte egli protesta veementemente contro questo impiego. E sebbene si lasciasse andare molto spesso a delle previsioni, Marx si riteneva altrettanto libero di porre delle eccezioni ad esse. Così egli poteva affermare che la rivoluzione era inevitabile ma anche poteva non verificarsi in Inghilterra o negli Stati Uniti; o poteva affermare che il capitalismo era una fase necessaria dello sviluppo economico ma poteva anche coltivare l’idea che in Russia, forse, il socialismo poteva svilupparsi direttamente dalle comunità di villaggio. In generale la dialettica dava alla logica di Marx un’elasticità che gli impediva di distinguere fra la probabilità e la rigida implicazione, o di riconoscere che le affermazioni necessarie sono tipicamente condizionali” [George H. Sabine, Storia delle dottrine politiche. Volume II, Milano, 1978] [(1) “Lettera a Lassalle”, 16 gennaio 1861, in ‘Marx-Engels. Correspondence, 1846-1895’ (1934), p. 125]