“La civiltà capitalistica ‘ha creato’ la grande produzione, le officine, le ferrovie, la posta, il telefono, ecc.; e ‘su questa base’, l’immensa maggioranza delle funzioni del vecchio “potere statale” si sono a tal punto semplificate e possono essere ridotte a così semplici operazioni di registrazione, d’iscrizione, di controllo, da poter essere benissimo compiute da tutti i cittadini con un minimo di istruzione e per un normale “salario da operai”; si può (e si deve) quindi togliere a queste funzioni ogni minima ombra che dia loro qualsiasi carattere di privilegio e di “gerarchia”. Eleggibilità assoluta, revocabilità ‘in qualsiasi momento’, di tutti i funzionari senza alcuna eccezione, riduzione dei loro stipendi al livello abituale del “salario da operaio”: questi semplici e “naturali” provvedimenti democratici, mentre stringono pienamente in una comunità di interessi gli operai e la maggioranza dei contadini, servono in pari tempo da passerella tra il capitalismo e il socialismo. Questi provvedimenti concernono la riorganizzazione statale, puramente politica, della società; ma essi, naturalmente, assumono tutto il loro significato e tutta la loro importanza solo in legame con la “espropriazione degli espropriatori” realizzata o preparata; in legame cioè con la trasformazione della proprietà privata capitalistica dei mezzi di produzione in proprietà sociale (…). Non sarebbe possibile distruggere di punto in bianco, dappertutto, completamente, la burocrazia. Sarebbe utopia. Ma spezzare subito la vecchia macchina amministrativa per cominciare immediatamente a costruirne una nuova, che permetta la graduale soppressione di ogni burocrazia, ‘non’ è utopia, è l’esperienza della Comune, è il compito primordiale e immediato del proletariato rivoluzionario” [V.I. Lenin, Stato e rivoluzione] [(in) Partito proletario, rivoluzione borghese, Stato e democrazia in alcuni scritti di Lenin, Quaderni de ‘La rivista trimestrale’, 1978] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]