“Muove dunque la storiografia buonarrotiana da posizioni ideologiche e sentimentali da lungo tempo preesistenti alla storie del Thiers e del Mignet. Essa affonda, come si è visto, le sue radici nell’ ‘humus’ stessa delle esperienze della grande rivoluzione. È l’esame di coscienza dei superstiti del Terrore. Altro problema, ma di ben minore portata, è se il Buonarroti avesse conoscenza di quello opere or ora citate, e degli altri storici liberali della Restaurazione, e quale influenza essi abbiano avuto su di lui. Non è improbabile che egli avesse letto pagine di Thiers e del Mignet, del Guizot e del Thierry, sebbene nelle opere e nella corrispondenza che di lui ci rimangono, mai gli accada di nominarli. Da qualche suo generico accenno, appare una qualche conoscenza della cultura francese della Restaurazione: ma è conoscenza superficiale, informazione vaga e approssimativa, senza risonanza nel suo spirito. Egli è troppo ideologicamente chiuso nel suo mondo tutto settecentesco, per avvertire la novità e il significato della nuova storiografia liberale. Non è però arrischiato supporre che qualche suggestione e stimolo gli venisse da queste letture. Il piglio fatalistico di questi storici, che davano un senso positivo a tutto il corso rivoluzionario logicamente concatenato, la loro rivendicazione del Terrore come d’una fase necessaria, lo incoraggiarono forse a mettere in pieno risalto gli aspetti estremi del terrorismo pretermidoriano. D’altra parte, la rivalutazione del Danton nella storia del Thiers e del Mignet doveva indurlo a una polemica accentuazione della funzione storica del Robespierre, e ad avviare quella lunga ‘querelle’ tra storici dantonisti e robespierristi che doveva prolungarsi fino ai nostri giorni. Inoltre le pagine del Guizot e del Thierry possono avere esercitato sul Buonarroti un’influenza non dissimile da quella che – secondo un giudizio ormai corrente – ebbero sul giovane Marx: possono cioè avergli fatto sentire, col rilievo dato al contrasto fra borghesia e mondo feudale, il significato delle lotte di classe, e averlo spinto a quella interpretazione classista della storia della grande rivoluzione, che nella ‘Conspiration’ già appare in tutto il suo rigido schematismo. Infine può ritenersi che non siano passati del tutto inosservati certi spunti sansimoniani ancora palesi nelle opere giovanili del Thierry (1). Ma oltre a queste vaghe induzioni non può andarsi. Piuttosto, giova notare la singolare affinità tra la rivalutazione del Robespierre e de Terrore fatta dal Buonarroti e quella a cui nello stesso tempo si accingeva il sansimoniano Laurent de l’Ardèche” (pag 539-540) [Alessandro Galante Garrone, ‘Filippo Buonarroti e l’apologia del Terrore’, Belfagor- Leo Olschki, Firenze, v. 2, n. 5, 15 settembre 1947] [(1) Vedi su questi punti il bel saggio di A. Omodeo, ‘La riforma storica di Augustin Thierry’, in ‘Quaderni della Critica’, 1945, pp. 16-34]