“Ma proprio in Italia ha assunto n particolare rilievo, in quest’ultimo decennio, un indirizzo di studi ed una vera e propria piccola scuola-corrente filosofica, che lavora sotto il segno – approssimativo ed esoterico – di un marxismo anti-hegeliano – e quindi anti-lukacsiano -; e che concentra perciò le sue energie collegiali appunto nell tentativo di scardinare la cerniera Hegel-Marx. Il punto focale, sul piano storiografico, è costituito appunto dallo sforzo di dimostrare che la “visione del mondo” di Hegel e la sua interpretazione della storia, non differiscono da quelle di Marx solo in funzione dei cinquant’anni circa che intercorrono tra i due Autori, e delle trasformazioni obbiettive che la storia degli uomini verifica in quel tempo; ma anche, e soprattutto in ragione di una erronea radice teoretica del pensiero hegeliano; radice che bisogna rintracciare fin dentro gli anni giovanili e gli scritti più antichi dello Hegel. Proprio come aveva fatto Lukacs con propositi e risultati divergenti, pressoché opposti. Cito quelli che mi paiono essere i testi di rilievo in questo indirizzo: ‘La logica come scienza positiva’ di Galvano Della Volpe, del 1950 (ed. D’Anna; 2° edizione del 1956); ‘Il marxismo e Hegel’ di Lucio Colletti, introduzione ai “Quaderni filosofici” di Lenin, del 1958 (ed. Feltrinelli); ‘Dialettica scientifica e teoria del valore’ dello stesso Colletti, prefazione di “La dialettica dell’astratto e del concreto nel ‘Capitale’ di Marx” di Evald Ilenkov, del 1961 (ed. Feltrinelli); ‘Marx e la dialettica hegeliana I.: Hegel e lo Stato’ di Mario Rossi, del 1960, (Editori Riuniti); e ‘Le origini della logica hegeliana’ di Nicolao Merker, del 1961 (ed. Feltrinelli) (2). E’ appunto dalla lettura di quest’ultimo volume che traggono occasionalmente origine questi appunti. A rovescio di Lukacs la scuola del Della Volpe riporta in piena evidenza la critica di Marx alla dialettica hegeliana, contenuta in quella ‘Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico’ che il Della Volpe tradusse e incluse nella sua edizione delle ‘Opere filosofiche giovanili’ di Marx del 1950. Ne fa anzi il punto prospettico fondamentale per l’interpretazione del pensiero di Marx e, indirettamente, di quello hegeliano. Marx accusa dunque Hegel di aver concepito le determinazioni, le figure della storia e della realtà come risultati di un processo di differenziazione operantesi all’interno di un significato più ampio e precostituito (classico l’esempio delle figure della ‘famiglia’ e della ‘società civile’ che si determinerebbero per differenziazione interna della figura intera, totale, dello ‘Stato’; onde la figura dello Stato risulterebbe preconcetta, aprioristica nei confronti dei suoi reali termini costitutivi). Così che le concrete determinazioni della storia, le cose ‘reali’ trarrebbero il loro significato solo e sempre dal frazionarsi, dalle differenziazioni di una ‘totalità’ senza la quale svanirebbe ogni significato – ch’è relazione, rapporto, mediazione – delle cose stesse. Questa totalità è innanzitutto il genere, e da ultimo l’orizzonte stesso della coscienza, l’Autocoscienza, l’Idea. Onde accadrebbe allo Hegel di passare per ‘reali’ l’Idea, la coscienza, il genere, e per ‘irreali’, le cose concrete, nate solo per negarsi e reimmergersi nell’unificante totalità donde sono venute. Totalità puramente astratta, immobile, mistica e mistificatrice. Sulla linea di questa critica del giovane Marx avanza la polemica anti-hegeliana della scuola dellavolpiana” [Mario Cassa, A proposito di studi recenti sul rapporto Hegel-Marx’, (in) ‘Critica storica’, diretta da Armando Saitta, n° V anno I 30 settembre 1962] [(2) Citerei ancora – o perché rigorosamente condizionati dalla stessa prospettiva ideologica, o comunque utilizzabili nell’ordine di considerazioni che qui svolgiamo (anche se hanno ad oggetto argomenti o marginali o non direttamente pertinenti l’argomento nostro) – i lavori di Giulio Pietranera e di Alberto Gianquinto. Del primo: ‘La logica positiva nella scienza economica’ del 1952, poi accolto nel volume ‘Capitalismo ed economia’ del 1961 (ed. Einaudi), e ‘La struttura logica del Capitale’, in ‘Società’, 1956. Del secondo: ‘La filosofia analitica del 1961 (ed. Feltrinelli)]
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- Articolo pubblicato:5 Febbraio 2015