“Alla ‘monarchia borghese’ di Luigi Filippo può succedere soltanto la ‘repubblica borghese’, il che vuol dire che se prima una parte limitata della borghesia regnava in nome del re, ora deve dominare in nome del popolo la totalità della borghesia. Le rivendicazioni del proletariato parigino sono fandonie utopistiche, con le quali si deve farla finita. A questa dichiarazione dell’Assemblea nazionale costituente, il proletariato parigino rispose coll”insurrezione di giugno’, l’avvenimento più grandioso nella storia delle guerre civili europee. La repubblica borghese trionfò. Essa aveva per sé l’aristocrazia finanziaria, la borghesia industriale, il ceto medio, i piccoli borghesi, l’esercito, la canaglia organizzata in guardia mobile, gli intellettuali, i preti e la popolazione rurale. Più di 3.000 insorti vennero massacrati, dopo la vittoria; 15.000 deportati senza giudizio. Con questa disfatta il proletariato si ritira ‘tra le quinte’ della scena rivoluzionaria. Esso cerca di farsi nuovamente avanti ogni volta che il movimento sembra prendere un nuovo slancio, ma con un’energia sempre più ridotta e con un risultato sempre più piccolo. Non appena uno degli strati sociali a lui sovrastanti entra in fermento rivoluzionario, il proletariato stabilisce con esso un collegamento, e in questo modo condivide tutte le sconfitte che i vari partiti subiscono l’uno dopo l’altro. Ma questi colpi successivi diventano via via tanto più deboli, quanto più si ripartiscono su tutta la superficie della società. I rappresentanti più cospicui del proletariato nell’Assemblea e nella stampa sono vittime, l’uno dopo l’altro, dei tribunali, e figure sempre più equivoche prendono il loro posto” [K. Marx, Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte] [(in) ‘Il problema della democrazia nel ’18 Brumaio’ di Karl Marx’, La Rivista Trimestrale, Quaderni, n. 59-60, 1979]
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- Articolo pubblicato:29 Dicembre 2014