“Il primo elemento essenziale della teoria politica di Marx che Marcuse sottopone ad aspra critica e a radicale revisione, è la concezione del proletariato. “Secondo Marx – egli dice -, la transizione [al socialismo] si attua in un solo modo: attraverso la rivoluzione proletaria che, con la liquidazione di tutte le classi, abolisce anche il proletariato in quanto classe dando vita a un nuovo agente di progresso, cioè la comunità degli uomini liberi che organizzano la loro società in accordo con la possibilità di un’esistenza umana per tutti i suoi membri. Senonché, lo sviluppo attuale del capitalismo sembra proporre un’altra forma di superamento della predetta coincidenza storica: e precisamente un mutamento così radicale nei rapporti fra le due classi in conflitto da giungere a far sì che il proletariato manchi di agire come classe rivoluzionaria” (17). La situazione, insomma, si prospetta del tutto diversamente da come l’aveva descritta Marx, poiché “l’evoluzione del capitalismo più maturo fa emergere nelle nazioni industriali avanzate una tendenza a lungo termine alla collaborazione di classe piuttosto che alla lotta di classe, alle divisioni nazionali e internazionali invece che alla solidarietà del proletariato” (18). E’ tutto il modello teorico marxiano che, secondo Marcuse ha fatto bancarotta. Marx avrebbe tratto le sue conclusioni partendo da un modello teorico di capitalismo spoglio in tutti quegli aspetti (quali il commercio con l’estero, l’intervento statale, il settore terziario) che non rientrano nel processo economico fondamentale costituente il sistema capitalistico” (…). “Se ora, dopo tutto quel che abbiamo visto, dovessimo dire che cosa la “revisione” di Marcuse salva di Marx e del marxismo, la nostra conclusione non potrebbe non essere del tutto negativa. In effetti, Marcuse elimina, l’uno dopo l’altro, tutti i fondamenti, filosofici e sociologici, del marxismo. (…) “La “rottura con il marxismo – è stato detto giustamente a questo proposito – si manifesta soprattutto nell’aver troncato il vincolo tra profitto e rapporti di produzione e nell’aver rivolto l’attenzione ai mezzi di produzione e soprattutto allo sviluppo della tecnologia più avanzata” (49). A ciò si aggiunga la soppressione del presupposto fondamentale dell’analisi di Marx e della sua teoria politica: il proletariato come ‘classe rivoluzionaria’. E si pensi, anche, alla stretta affinità di molte tesi di Marcuse col vecchio revisionismo socialdemocratico. “La sua attribuzione a Marx della teoria dell”impoverimento assoluto” e la “teoria del crollo” è desunta da Bernstein. La teoria dell'”ultraimperialismo” – che tanto gli serve per dimostrare che il neocapitalismo può tutto – è desunta da Kautsky. Il suo discorso è, dal principio alla fine, un tentativo di dimostrare che ‘Marx è superato!’. E, quanto più generici e vaghi sono i contenuti dell’analisi, tanto più risolute sono le conclusioni di Marcuse: la teoria della rivoluzione proletaria di Marx è superata; superata “la nozione marxiana della composizione organica del capitale”; superata, “con essa, la teoria della creazione del plusvalore” (50). Le conseguenze di questa impostazione si vedono nella caratterizzazione sostanzialmente apologetica che Marcuse dà della società neocapitalistica” [Giuseppe Bedeschi, Marcuse e il marxismo, (in) ‘Annali’ Feltrinelli anno XV 1973, 1974] [(17) Herbert Marcuse, Soviet Marxism, trad. it., Parma, 1968, p. 17; (18) Marcuse, Soviet Marxism, cit., p: 18; (49) Wolfgang F. Haug, ‘Il Tutto e l’affatto diverso’, in ‘Risposte a Marcuse’, cit., p. 57; (50) Lucio Colletti, Ideologia e società, Bari, 1969, p. 190. Le citazioni di Colletti sono prese da ‘L’uomo a una dimensione’, cit., p. 48]