“Diversa era invece l’impostazione del problema dei rapporti del socialismo con la religione che davano Marx ed Engels, e che essi si sforzavano di far prevalere nell’Internazionale, la quale nei suoi statuti del 1864, cui peraltro si richiamava anche Bakunin, aveva affermato il principio, ribadito poi nel 1871, che l’adesione all’associazione comportava il riconoscimento di criteri di comportamento ispirati alla verità, alla giustizia e alla morale, “sans distinction de couleur, de croyance ou de nationalité” (111). Questa impostazione emerge già chiaramente nella corrispondenza del 1871-1872 di Marx ed Engels con Carlo Cafiero, da essi inviato in Italia come rappresentante del Consiglio generale dell’Internazionale. In una lettera a Cafiero del 1° luglio 1871 Engels, in polemica con Bakunin, pur rivendicando a se stesso e a Marx di essere “quasi tanto vecchi e buoni atei e materialisti quanto Bakunin, siccome lo sono ancora quasi tutti i nostri membri…”, sosteneva che l’Internazionale non doveva diventare una setta, e non poteva pertanto accettare che l’ateismo e il materialismo fossero resi obbligatori per gli aderenti all’associazione, come pretendeva Bakunin; “il porre queste cose nel nostro programma – concludeva, riferendosi anche ad altri principi, quali l’abolizione dell’eredità e l’abolizione dello Stato – sarebbe allontanare un immenso numero dei nostri membri, e dividere in luogo di riunire il proletariato Europeo” (112). In una posteriore lettera allo stesso Cafiero, del 28 luglio 1871, Engels, pur accettando il punto di vista di Cafiero, cioè la necessità che i membri dell’Internazionale a più lunga scadenza affrontassero la discussione sulle questioni nelle quali vi fossero divergenze di opinione, ma senza turbare la solidità e la stabilità dell’associazione, sulla questione religiosa ribadiva che “non possiamo ufficialmente parlarne, eccetto dove i preti ci provocano, ma voi sentirete lo spirito di ateismo in tutte le  ns. pubblicazioni, ed inoltre noi non ammettiamo società alcuna che abbia il più lieve senso di allusione religiosa nei suoi statuti”; e concludeva dicendo che se, per esempio, a Napoli, “la città in cui… non solo Dio è onnipotente, ma anche san Gennaro”, la sezione dell’Internazionale si fosse costituita come società di atei, avrebbe avuto scarse possibilità di propaganda (113). Era affermata qui, come si vede, una posizione di ateismo pratico, cui non corrispondeva , non doveva corrispondere, una dichiarazione di ateismo storico. Si trattava di una posizione dettata non solo da esigenze tattiche, ma da una precisa e coerente impostazione teorica, come si è detto nel capitolo precedente” [Guido Verucci, L’Italia laica prima e dopo l’Unità, 1848-1876. Anticlericalismo, libero pensiero e ateismo nella società italiana, 1981] [(111) Cfr. ‘La Première Internationale. Recueil de documents publié sous la direction de J. Freymond’, I, Genève, 1962, p. 11; (112) Cfr. ‘La corrispondenza di Marx e Engels con italiani’, cit. p. 21; (113) Ivi, pp. 356]