“Come ha marcatamente sottolineato L. Althusser, la tecnica dimostrativa del ‘Capitale’ implica un concetto nuovo dell’attività della conoscenza: conoscere non significa assimilarsi al reale, fondersi in esso (che detto reale sia compreso come dato sensibile o come dato mentale o ideale), ma ‘produrre’ dei concetti grazie ai quali l”appropriazione’ di un campo teorico o empirico sia resa possibile. Questa operazione presuppone che questo campo sia stato fondamentalmente definito, ossia che sia stato delimitato un oggetto di ricerca. Lo testimonia la seconda prefazione del ‘Capitale’; lo prova anche la prefazione scritta da Engels per il secondo libro del ‘Capitale’; come pure questo passo estratto dai ‘Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica’: “Sembra corretto cominciare con il reale e il concreto, con l’effettivo presupposto; quindi, per es., nell’economia, con la popolazione, che è la base e il soggetto dell’intero atto sociale di produzione. Ma, ad un più attento esame, ciò si rivela falso. La popolazione è un’astrazione, se tralascio ad esempio le classi di cui si compone. E le classi a loro volta sono una parola priva di senso, se non conosco gli elementi su cui esse si fondano, per es., lavoro salariato, capitale, ecc. E questi presuppogono scambio, divisione del lavoro, prezzi, ecc. Il capitale, per es., non significa nulla senza il lavoro salariato, senza il valore, il denaro, il prezzo, ecc. Se cominciassi quindi con la popolazione, avrei una rappresentazione caotica dell’insieme e, precisando più da vicino, perverrei via via analiticamente a concetti più semplici; da concreto rappresentato, ad astrazioni sempre più sottili, fino a giungere alle determinazioni più semplici. Da qui si tratterebbe poi di intraprendere di nuovo il viaggio all’indietro, fino ad arrivare finalmente di nuovo alla popolazione, ma questa volta non come una caotica rappresentazione di un insieme, bensì come una totalità ricca, fatta di molte determinazioni e relazioni. La prima via è quella che ha preso l’economia politica storicamente al suo nascere. Gli economisti del XVII secolo, per esempio, cominciano sempre dall’insieme vivente, della popolazione, la nazione, lo Stato, più Stati, ecc.; ma finiscono sempre col trovare per via d’analisi alcune relazioni determinanti generali, astratte, come la divisione del lavoro, il denaro, il valore, ecc. Non appena questi singoli momenti furono più o meno fissati e astratti, cominciarono i sistemi economici che dal semplice – come lavoro, divisione del lavoro, bisogno, valore di scambio – salivano fino allo Stato, allo scambio tra le nazioni e al mercato mondiale. Quest’ultimo è chiaramente, il metodo scientificamente corretto. Il concreto è concreto perché è sintesi di molte determinazioni, quindi unità del molteplice. Per questo nel pensiero esso si presenta come processo di sintesi, come risultato e non come punto di partenza, sebbene esso sia il punto di partenza effettivo e perciò anche il punto di partenza dell’intuizione e della rappresentazione. Per la prima via, la rappresentazione concreta si è volatizzata in un’astratta determinazione; per la seconda, le determinazioni astratte conducono alla riproduzione del concreto nel cammino del pensiero”. In queste condizioni, se Marx definisce un concetto della ‘produzione’ della verità che rompe con le abitudini imposte dall’empirismo – idealista o realista – il minimo da fare è chiedersi se il suo lavoro porti a un giudizio che ammetta come evidente la nozione empirica dell’errore.” [François Châtelet, A proposito degli “errori” di Marx] [(in) ‘Cent’anni dopo il Capitale’ a cura di Victor Fay, 1970]
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- Articolo pubblicato:10 Luglio 2014