“I meriti di Engels, non solo primo e pur cauto fondatore del “marxismo”, ma anche primo vero editore di Marx dopo la morte di questi, erano stati, sul terreno filologico, senz’altro incalcolabili. Marx aveva infatti una scrittura quasi illeggibile, che mise a dura prova la vista non perfetta di Engels. Lo stesso Marx, del resto, oltre a usare sistematicamente e caoticamente vari tipi di abbreviazione, non metteva mai la desinenza dell’articolo, il che, in una lingua che comporta quattro casi, tre generi e due numeri, produceva ulteriori problemi. Probabilmente nessuno, insomma, oltre a Engels, da sempre alle prese con la grafia dell’amico e per di più uomo di straordinari e multiformi talenti, era in grado, in quegli anni, di decifrare, con tanta rapidità ed esattezza, la scrittura di Marx, nonché di afferrarne l’arduo assunto e lo sterminato ventaglio di interessi. Engels fornì anzi direttamente ad amici e compagni, e indirettamente alle generazioni successive, modelli e tecniche di lettura e trascrizione. Tra il 3 gennaio 1877 e il 7 luglio 1878, tuttavia, Engels, come già rammentato nel capitolo precedente, aveva pubblicato, inizialmente a malincuore, sul “Vorwärts”, organo centrale del partito socialista tedesco, forse anche in ragione dei malumori suscitati dall’ancora molto lassalliano Programma di Gotha del 1875, gli articoli contro Eugen Dühring che sarebbero poi diventati il corpulento ‘Anti-Dühring’, un panorama enciclopedico (‘eine enzyklopädische Übersicht unserer Auffassung’), com’ebbe a scrivere lo stesso Engels in una lettera a Bernstein dell’11 aprile 1884, nel campo filosofico, scientifico e storiografico. Il successo era stato inaspettato. Persino in Russia (88). In quest’opera, così compiuta ed organica, da parte di alcuni studiosi, come si è visto, è stato giustamente individuato l’atto di nascita del cosiddetto “marxismo”, postumo edificio dottrinale ben organizzato, rifinito o quasi in tutti i particolari e predisposto a fornire risposte soddisfacenti e con spirito militante in tutti i settori dello scibile umano. La ‘Kritik’ si stava così preparando, più strutturalmente che intenzionalmente, a diventare ‘Weltanschauung’. Il problema di Engels, nella linea anche psicologica e rassicurante dell”Anti-Dühring’, era dunque, dopo la morte di Marx (1883), l’organizzazione nel modo più sistematico possibile dello sconfinato materiale avuto in eredità. Al I libro del ‘Capitale’, l’unico pilastro piantato su un territorio enorme e spesso contraddittorio, dovevano dunque seguire gli altri due. Il Dioscuro sopravvissuto, ansioso di arrivare ai risultati ultimi, e nei manoscritti assai poco visibili, della dottrina, trascurò così la presunta preistoria, vale a dire gli scritti degli anni ’40, l”Einleitung’ del 1857 (peraltro così organicamente lineare e forse proprio per questo scartata da Marx e sostituita con la prefazione autobiografica del 1859), i cosiddetti ‘Grundrisse’ del 1857-58, i materiali successivi del 1858-61, il grande manoscritto del 1861-1863, le teorie sul plusvalore (pur ritenute di grande importanza), lo straordinario ‘Capitolo VI inedito’, e ricostruì, con stupefacente rapidità, il II libro del ‘Capitale’, pubblicato nel 1885, contenente materiali redatti verosimilmente, ma attendiamo ancora indicazioni certe di datazione, in parte già nel 1862, in parte tra il 1865 e il 1870 (ma Engels parrebbe non avere utilizzato alcun manoscritto anteriore al 1867) e in parte tra il 1877 e il 1879. L’eco di questo testo complicato, e forse implicitamente anche drammatico, fu nell’immediato scarsa, soprattutto in ambito socialista: la sua fortuna aumenterà, proprio per la marcata problematicità, nei decenni successivi. Molto più tempo Engels, impegnato in moltissime cose, dovette dedicare alla ricostruzione del Libro III, pubblicato nel 1894 e contenente materiali stesi tra il 1864 (la maggior parte tra il 1864 e il 1865) e il 1875. Una montagna di abbozzi, certo in buona parte già strutturati, divenne così il “Libro” I e il “Libro” II. Engels, che lesse senza dubbio quasi tutto l’immenso lascito marxiano a sua disposizione, più volte non nascose ai suoi corrispondenti europei, e soprattutto a se stesso, le enormi difficoltà del lavoro, nonché le lacune, lo scavo ossessivo, i momenti di stanchezza e di evidente disincanto da parte di Marx, la fuga di quest’ultimo nell’empiria confortante dei fatti e delle statistiche accumulate in metri cubi, ma anche le evidenti incompiutezze dell’opera, nonché le ripetizioni continue, le felici e sorprendentemente illuminanti contraddizioni, le rivelazioni improvvise, e anche la disperata afasia, presenti nella monumentale e indomita ‘Kritik’ marxiana, una ‘Kritik’ che continuerà per circa un secolo a riservare sorprese, pur ponendo ancora maggiori problemi, con successive edizioni e con sempre nuovi inediti. Vi sono state del resto anche controsorprese, come l’inesistenza quasi certa di un testo configurabile come i cosiddetti e fortunatissimi ‘Manoscritti economico-filosofici’, il cuore iperfeuerbachiano del “giovane Marx” (89) ed in realtà opera ricostruita artificialmente accorpando materiali vari in tutto simili ad altri dello stesso anno – il 1844 – e probabilmente preparatori del lavoro per cui era stato firmato il contratto con Leske (90)” [Bruno Bongiovanni, Postfazione (saggio storico-critico)] [(in) Marx-Engels, Manifesto del Partito Comunista. Seguito da: ‘Principi del comunismo’, ‘Per la storia della Lega dei Comunisti’ e dalle prefazioni di Marx e Engels, 1998] [(88) Cfr. Eduard Bernstein, Briefwechsel mit Friedrich Engels, cit., p 258; (89) Cfr. Kostas Papaioannou, De Marx et du marxisme, Gallimard, Paris, 1983, pp. 39-83; (90) Cfr. Jürgen Rojahn, Il caso dei cosiddetti “manoscritti economico-filosofici del 1844”, in ‘Passato e presente’, 3, 1983, pp. 37-79. Per la nuova edizione cfr. MEGA (2) I, 2, pp. 197-438]