“Con Bernstein, ma ancor più con Conrad Schmidt, si delimita e appare in primo piano un tema che sarà motivo di controversie in tutta la letteratura economica marxista, fino alla seconda guerra mondiale: quello del crollo (‘Zusammenbruch’) generale del capitalismo. Se i dibattiti sono a tal punto privi di conclusioni e se, dopo ogni periodo di quiete provvisoria, vi è sempre qualcuno pronto a raccoglierli (Rosa Luxemburg, poi Bucharin e Varga, infine Grossmann), tentando una nuova formulazione, ciò vuol dire che il tema, lungi dall’essere una pura questione di economia (estensione della teoria della crisi), è inequivocabilmente avvolto nella pedagogia rivoluzionaria (o quanto meno in ciò che si definisce tale) dell’organizzazione proletaria. Non è nostro intento seguire tale dibattito attraverso tutte le forme assunte nell’arco di circa mezzo secolo, bensì tentare di delimitare le componenti proprie della sua manifestazione primitiva. In Bernstein la messa in rilievo del tema del ‘Zusammenbruch’, nell’intento di confutarlo, sorge da una motivazione che si colloca piuttosto a livello delle conseguenze politiche generali e non da considerazioni proprie della teoria economica stessa. In un certo senso è senza dubbio il “catastrofismo” (conseguenza, a suo avviso, come già abbiamo detto, della “perfidia dialettica”) che egli cerca di estirpare dal marxismo. Il suo scopo è chiaro: sostituire alla visione della storia “rivoluzione + catastrofe” (cfr. il passo di Kautsky citato alla n. 4) la sola evoluzione; lo sconvolgimento da cui gli ortodossi si aspettano l’instaurazione del socialismo non gli appare affatto auspicabile (…). In mancanza di tale chiarificazione, di ciò che egli desidera “integrare” del capitalismo nel socialismo, Bernstein preferirà – senza alcuna esitazione – concentrare i suoi sforzi attaccando la ‘Zusammenbruchtheorie’ che suppone essere la sola alternativa alla propria. E ciò opponendo alle credenze dell’accentuazione delle crisi (che sembrano essere state forti negli ambienti socialisti tedeschi tra il 1880 e il 1888) l’immagine della prosperità dell’Inghilterra, e, soprattutto, della Germania degli anni novanta. Le discussioni raggiungeranno un livello teorico soltanto dopo la traduzione in tedesco del grande libro di Tugan-Baranovskij (‘Studien zur Theorie und Geschichte der Handelskrisen in England’. La prima edizione russa è del 1894, la traduzione tedesca del 1901). Quindi noi non ci  soffermeremo. Un solo punto attirerà per un momento la nostra attenzione perché concerne il ruolo – sul quale ci dilungheremo nella seconda parte del presente articolo – assunto da Conrad Schmidt in quanto uno dei primi “specialisti” della teoria ‘economica’ marxista. In effetti se la confutazione della ‘Zusammenbruchtheorie’ doveva costituire una delle principali manovre della revisione del ‘marxismo’, era necessario che si supponesse che tale teoria gli fosse propria. Non cercheremo qui di esaminare se tale opinione potesse avere qualche fondamento nell’opera stessa di Marx; ciò che maggiormente ci interessa è invece esaminare ‘sotto quale forma’ gli autori degli anni 1895-1900 pensavano (nella misura in ciò avveniva) di trovarla nell’opera di Marx. (…) Il sottoconsumo operaio, aggiunto al progresso (assoluto e relativo) della produzione di plusprodotto, appare come la causa della generalizzazione delle crisi (in concomitanza con “l’anarchia produttiva”) e come ciò che dovrebbe condurre, per l’estendersi di tale generalizzazione, al ‘Zusammenbruch’ (18). I revisionisti controattaccheranno mettendo in evidenza le capacità di organizzazione del capitalismo (tesi ripresa in seguito da Hilferding e Bucharin con la teoria del “capitalismo organizzato”, e l’aumento del potere d’acquisto di certi strati della classe operaia. Nel 1901 Conrad Schmidt dà per scontato che la teoria di Marx comporti l’affermazione del ‘Zusammenbruch’. Anch’egli reperisce nella tendenza al sottoconsumo il fattore principale di questo processo; aggiungendo però, in modo assai contestabile, che la tendenza al sottoconsumo conduce al “crollo” facendo abbassare il saggio di profitto (perché si fa più violenta la concorrenza per il mercato), diminuendo di conseguenza la “profittevolezza” del sistema per i datori di lavoro e aumentando l’esercito industriale di riserva (19)”  [Bernard Besnier, Conrad Schmidt e l’inizio della letteratura economica “marxista”, Annali, Milano, 1974] [(18) Cfr. Louis B., Boudin, The Theorical System of Karl Marx’, cit, pp. 163 sgg. per la versione del sottoconsumo operaio e p. 237 per l’affermazione che il ‘breakdown’ finale del capitalismo “non è altro che una grande crisi”; (19) Cfr. il giudizio di P.M. Sweezy, ‘Teoria dello sviluppo capitalistico’, Torino, 1951]