“Benedetto Croce, in una intervista pubblicata da “La Voce” nel 1911, aveva fatto la famosa dichiarazione sulla morte del socialismo (27). Egli, che pure si compiaceva di aver mosso dei passi sicuri sul terreno marxista; di aver conversato, discepolo prediletto, con Antonio Labriola; di aver fatto visita alla povera Eleonora Marx a Londra; di aver accompagnato per le vie di Napoli “il vecchio e terribile Liebknecht” – ora affermava che il socialismo era morto, perché riteneva, Croce, di aver superato in sede teorica le tesi del marxismo come socialismo scientifico. Croce riconosceva però il valore storico e umano dell’altro socialismo, quello deriso perché utopico, e che è invece l’eterna fede che muove all’azione, fede nell’ideale egalitario di giustizia universale. “La Voce” non sottoscrive pienamente le affermazione crociane, né sottilizza sulle teorie, limitando la sua critica al socialismo come forza politica operante nella realtà italiana” [Emilio Gentile, “La Voce” e l’età giolittiana. (Saggi), Storia contemporanea, n° 2, giugno 1971] [(27) B. Croce, La morte del socialismo, ‘La Voce’, 1911, n. 41]
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- Articolo pubblicato:27 Maggio 2014