“A Herzen, ed a coloro che sostenevano la tesi di una mentalità comunistica innata nei russi, non importava l’esattezza scientifica: essi ricercavano un mito che, di fronte al fallimento della rivoluzione del 1848, desse un senso alla loro esistenza di intellettuali, il mito dell'”uomo russo”, del contadino russo che doveva prendere il posto del proletario (6). Per potersi distaccare ideologicamente dall'”Occidente in putrefazione” che non era riuscito a far la rivoluzione – lo scritto di Herzen ‘Dall’altra sponda’ (1850) (7) non fu che il punto d’arrivo di questo processo – questo mito, che implicava anche il ricorso al “grande parallelo” in funzione antioccidentale, era indispensabile: tanto più in quanto Herzen si rendeva conto del fatto che nel processo del comunismo occidentale era implicito il dispotismo. Marx si accorse immediatamente che qui si voleva giocare, contro la profezia, la carta del mito, e perseguitò quindi con odio implacabile, come del resto anche Engels, il russo, “quel letteratucolo panslavista”. Ma perché “letteratucolo”? Perché agli occhi di Marx, e, come vedremo, anche a quelli di Moses Hess, lo Herzen si era, col suo volgersi al passato, cioè al principio del comune russo, posto fuori dalla storia. Per il socialismo “scientifico”, la cui scientificità consiste soprattutto nel fatto che il passato vien conosciuto e quindi superato – qui si può cogliere l’eredità hegeliana – per porsi sul terreno del futuro, Herzen era divenuto un intellettuale con la testa tra le nuvole perché vedeva “l’uomo nuovo” nel contadino russo (8) e non lo intendeva come qualche cosa che, nel futuro, sarebbe stata realizzata nei proletari” [Dieter Groh, La Russia e l’autocoscienza d’Europa, 1980] [(6) Herzen, Vom anderen Ufer [Dall’altra sponda], cit, p. 136; (7) Venne composto negli anni 1848-49, e consta di numerosi articoli (…); (8) L’analogia con la decadenza di Roma e l’avvento del cristianesimo: Herzen, Von anderen Ufer, cit, pp. 134 sgg, 143; ‘Le peuple russe et le socialisme’ (Lettre à Michelet) (1851) ibid., VII, p. 276; ‘La Russie et le vieux monde’ (1954), ibid., XII, p. 134. Per i russi “popolo nuovo” in contrasto con la “vecchia Europa”: ‘Vom anderen Ufer’, cit., pp. 141, 177 sg.; ‘Le peuple russe et le socialisme’, ibid., VII, p. 272. I russi “nuovi barbari”: ‘Von anderen Ufer’, cit., pp. 136, 145 sg. Va qui osservato che questo distacco rispetto all’Europa e la riduzione – operata nello stesso scritto – della storia a svolgimento naturale (‘Von andern Ufer’, cit., p. 32 sg.) era naturalmente già implicito nelle tappe precedenti del pensiero di Herzen. Cfr. sull’argomento: Scheibert, ‘Von Bakunin zu Lenin’, cit., pp 120-32]