“Molte città europee si andarono industrializzando con ritmo crescente, man mano che la strada ferrata infittiva la sua rete di penetrazione. Dopo il 1860 avvenne l’industrializzazione di un gran numero di città tedesche compresa Berlino. Dal ’70 in poi, Parigi vide accrescere smisuratamente i suoi impianti industriali nei sobborghi, e diminuire nei quartieri periferici il suo famoso artigianato. Intorno all’80, comincia anche in Italia, con l’incremento delle ferrovie, la grande rivoluzione industriale (…). Purtroppo, in questo fervore di opere, in cui la meccanica ebbe tanta parte, poco fu fatto per organizzare razionalmente i complessi industriali, pianificandone le zone di sviluppo. E’ singolare come si fosse allora tanto impreparati a comprendere la necessità di piani che integrassero queste strutture, il cui sviluppo dinamico era così manifesto. Lo stesso Engels, nella sua minuziosa critica contro le tragiche condizioni di residenza in cui versavano le famiglie dei lavoratori nelle città industriali inglesi, non muove alcuna osservazione contro il caos degli impianti, come se questo fosse elemento connaturato alla società industriale. A maggior ragione anche i complessi dilaganti dell’edilizia di massa sorsero senza piani e s’incunearono fra i complessi industriali dove c’erano terreni liberi. (…) Da un’inchiesta fatta dall’amministrazione socialista di Vienna dopo la guerra del 1914-18, si rileva che gran parte della popolazione dei vari quartieri viveva in appartamenti di una camera e cucina, oppure in mezza camera di circa 6 mq. e cucina, con servizi igienici collettivi (un cesso, in media, per ogni dieci appartamenti, ubicato nel corridoio del disimpegno generale). Una parte di tali appartamenti aveva da 5 a 6 locatari e in un quarto dei casi anche un sub-affittuario. Sui 55.454 appartamenti visitati, il 73% rientrava in questa categoria, mentre un 5% era costituito da una sola camera o mezza camera senza cucina. In Francia, le condizioni deplorevoli dei quartieri di Lione, Rouen e Lilla furono violentemente denunziate, verso la fine del secolo, da Blanqui, che sottolineò fra l’altro lo stato precario d’esistenza dei 3.000 abitanti ospitati nelle cantine del quartiere di Saint-Sauveur, a Lilla. A Londra si ricavano dati impressionanti sulle condizioni di esistenza e di sovraffollamento delle classi povere dalla celebre opera pionieristica d’inchiesta sociale eseguita da Ch. Boooth e associati, fra il 1886 e il 1889, e pubblicata col titolo ‘Life and Labour of the People in London’, tra il 1892 e il 1903. Da un’inchiesta fatta dal governo inglese nel 1885 risulta che su 2.600 abitazioni visitate a Bristol, il 46% di esse aveva una sola stanza senza alcun altro servizio. In Germania, a partire dal 1860, le statistiche mediche della popolazione urbana cominciano ad essere regolarmente elaborate e illustrano casi drammatici della vita dei meno abbienti, nelle città in crescente urbanizzazione. L”Allgemeines statistiches Archiv’, edito nel 1890 a cura di Georg von Mayer, offre la più completa illustrazione dei mali delle città tedesche sovraffollate. (…) Intanto nella seconda metà del secolo, una serie di avvenimenti riguarda le case popolari e lo stato di allarme che la loro situazione destava. Nel 1844 si fondava a Londra la ‘Royal Commission for Housing and Health’, che aveva lo scopo di regolare e di vigilare sulle costruzioni dei quartieri popolari. Nel 1848 Lord Buckingham pubblicava il suo libro ‘Mali nazionali e proposizioni pratiche’, in cui erano esposti i principi di una città modello, tutta costruita in acciaio. Nel 1850 Lord Shaftesbury proponeva, in seguito al colera di Londra, una legislazione più severa sulle abitazioni popolari. Nel 1851 il principe Alberto presentava due case operaie modello all’Esposizione internazionale, e altrettanto faceva poco più tardi il principe Guglielmo di Prussia. Nel 1853 furono eseguite le prime lottizzazioni industriali a Mulhouse, battezzate da Engels “il cavallo di parata per tutta Europa”, ma, in realtà, primo esempio di quartieri con attrezzatture collettive concepite insieme alle case” [Giuseppe Samonà, L’urbanistica e l’avvenire delle città, 1971]