“Per Franz Mehring la continua, instancabile attività letteraria e giornalistica non fu soltanto una necessità imposta da un’esistenza trascorsa in mezzo alle lotte e alle polemiche. Fu, in qualche modo, anche un ideale scaturito dall’asprezza della vita quotidiana, che egli coltivò per tutta la vita come un modello di dedizione al lavoro, e di successo in questo lavoro, prima ancora che di combattimento per l’affermazione delle proprie idee. Più volte, infatti, Mehring, tracciando il profilo di uomini da lui per vari aspetti ammirati, aveva parlato della loro forza e della loro capacità di lavoro con un tono che rivelava in modo inconfondibile la confessione di un ideale. “Sono trascorsi sedici anni da quando apparve il primo volume del ‘Capitale’ – scrisse nell’articolo in morte di Karl Marx – e in questo lungo periodo di tempo il suo autore ha continuato a creare instancabilmente e irrequietamente con una capacità di lavoro e con una gioia nel lavoro, quali sono date solamente agli eletti, ma egli è sceso nella tomba, senza poter dire dal punto di vista scientifico la sua ultima parola” (1). E tre anni dopo, all’inizio del suo necrologio di Leopold Ranke, scriveva, con una corrispondenza di accenti tanto più significativa proprio in quanto rivolta ad una personalità così diversa: “Il Nestore della storiografia tedesca se n’è andato non meno gravemente carico di anni che di gloria. La sua vita è stata ricca di onori e di successi: ma il più prezioso dei beni restò per lui in ogni tempo una capacità di lavoro e una gioia nel lavoro quali sono concessi soltanto agli eletti fra i mortali. Soltanto la morte strappò di mano al vecchio novantenne la penna con la quale egli aspirava a finire l’ultima e la più ampia opera della sua vita” (2). L’accenno ripetuto alla morte che sorprende i lavoratori instancabili ancora intenti alla loro fatica – per quanto strano possa apparire un accostamento fra ‘Das Kapital’ di Marx e la ‘Weltgeschichte’ di Ranke – fa pensare ad una probabile origine romantica  di questo ideale ed indica la norma di vita sottesa ad un ritmo di lavoro che si confronta incessantemente col tempo e vi cerca la propria misura (3)” [Ernesto Ragionieri, ‘Franz Mehring collaboratore della “Züricher Post” (1891-1892)’ – (Estratto da ‘Il marxismo e l’internazionale. Studi di storia del marxismo’, 1968] (pag 227-228) [(1) ‘Karl Marx’, in Weser-Zeitung, 22 marzo 1883, ripubblicato in Thomas Höhle, Franz Mehring. Sein Weg zum Marxismus, Zweite verbesserte und erweiterte, Auflage, Berlin, 1960, p. 403; (2) ‘Leopold Ranke’, in Volks-Zeitung, 25 maggio 1886, ripubblicato in Thomas Höhle, op. cit., p. 470; (3) Tutto il suo carteggio con Kautsky negli anni della collaborazione alla ‘Neue Zeit’ (IISG, Kautsky-Nachlass) è estremamente indicativo dell’aspirazione di Mehring a distaccarsi dal lavoro giornalistico per dedicarsi con maggiore tranquillità agli studi e, insieme, dall’attaccamento tenace che vi portava. Su questo importante carteggio tuttora inedito avrò occasione di fermarmi distesamente in una storia della ‘Neue Zeit’, alla quale sto attendendo (E.R.)]