“La comune agricola pur rientrando nella formazione primaria si distingue da tutti i tipi arcaici perché a differenza di questi non è basata su rapporti immediati (naturali) di consanguineità. Essa rappresentò “il primo raggruppamento sociale di uomini liberi, non vincolati strettamente dai legami di sangue” (K, Marx, Terzo abbozzo, cit., p. 274, lettera di K. Marx a V. Zasulic 8.3.1881, in ‘Sulle società precapitalistiche’, 1970). Nella comune agricola la casa e la corte rustica appartengono già in privato al coltivatore. La terra coltivabile invece è proprietà inalienabile e comune, viene però periodicamente divisa in modo tale che ognuno sfrutta in proprio i campi a lui assegnati e si appropria dei prodotti. Rispetto alle forme più primitive si ha quindi un certo sviluppo del sistema del lavoro e dell’appropriazione privata. Per cui si può classificare la comune agricola come l’ultimo tipo della formazione arcaica, e momento di transizione alla formazione secondaria. Ma questo sviluppo non è obbligatorio, l’elemento collettivo può anche imporsi su quello privato, tutto dipende dall’ambiente storico in cui la comune è collocata (K. Marx, Ibidem, p. 276). Questo è il punto fondamentale da tener presente affrontando il problema del destino della comune russa. Altre generalizzazioni non sono lecite né possibili dato lo stadio delle ricerche: “La storia della decadenza delle comunità primitive (…) non è ancora stata fatta. Fino ad oggi sono stati fatti scarni abbozzi. In ogni modo l’esplorazione è abbastanza avanti per poter affermare: 1. che la vitalità delle comunità primitive  era incomparabilmente più grande di quella delle società semitiche, greche, romane, ecc., e quindi di quella delle moderne società capitalistiche; 2. che le cause della loro decadenza derivano da fattori economici che impedivano loro di superare un certo grado di sviluppo, in ambienti storici per nulla analoghi all’ambiente storico dell’attuale comune russa” (K. Marx, Primo abbozzo, cit, p. 257 n.). Secondo Marx, dal punto di vista dell’evoluzione storica, c’è un solo argomento serio che si possa avanzare a favore della tesi della ‘fatale dissoluzione’ della proprietà comunale in Russia. “La proprietà comunale è esistita ovunque nell’Europa occidentale, ovunque è scomparsa con l’avanzare del progresso sociale (…), in che modo potrebbe sfuggire allo stesso destino in Russia?” (K. Marx, Secondo abbozzo, cit, p. 269). Lo sforzo di Marx va quindi innanzi tutto nel senso di spiegare i motivi che lo inducono a limitare la validità di un tale argomento alle esperienze europee (K. Marx, Terzo abbozzo, cit, p. 273). Si tratta perciò di affrontare direttamente il problema delle peculiarità della situazione russa. Un primo dato balza evidente: “La Russia è il ‘solo paese europeo’ in cui la “comune agricola” si sia mantenuta fino ad oggi su scala nazionale…come forma quasi predominante della vita popolare, diffusa su un immenso Impero… non già in residui sparsi” (K. Marx, Primo abbozzo, cit, pp. 260-61). Questo mentre in Europa occidentale la morte della proprietà comunale e la nascita della produzione capitalistica sono separate l’una dall’altra da un intervallo immenso che comprende tutta una serie di evoluzioni e di rivoluzioni economiche che solo in ultimo hanno condotto alla produzione capitalistica (K. Marx, Secondo abbozzo, cit, p. 269). Ora, “se la Russia si trovasse isolata dal resto del mondo essa dovrebbe elaborare da sola le conquiste economiche, acquisite dall’Europa occidentale soltanto dopo un lungo percorso e una lunga serie di evoluzioni a partire dall’esistenza primitiva fino ai nostri giorni. Non vi sarebbe allora, almeno ai  miei occhi, nessun dubbio che tali comunità sarebbero fatalmente condannate a perire con lo sviluppo della società russa. Ma la situazione della comune russa è assolutamente diversa da quelle delle comunità primitive dell’Occidente (Ibidem, pp. 269-70). La Russia non è isolata dal resto del mondo e può approfittare della contemporaneità della produzione capitalistica, dominante il mercato mondiale, appropriandosene le acquisizioni positive “senza passare sotto le sue forche caudine” (K. Marx, Primo abbozzo, cit., p. 260). Da questo punto di vista il modo di produzione capitalistico costituisce la premessa necessaria di una formazione superiore ma solo in un senso ristretto e delimitato: il capitalismo crea la base materiale necessaria portando il livello tecnologico al punto in cui è possibile un libero sviluppo delle forze produttive organizzate su base collettiva (Cfr. K. Marx Il Capitale, Libro I, cit, pp. 111 e 551). A coloro che negavano la possibilità di utilizzare le acquisizioni positive elaborate dal modo di produzione capitalistico senza spezzare la struttura sociale costituita dalla comune rurale e passando quindi direttamente ad una forma superiore, Marx fa osservare che anche il capitalismo si imponeva in Russia saltando tutta una serie di tappe e presentandosi ‘formalmente’ al livello più alto del suo sviluppo. “Se i sostenitori del sistema capitalistico in Russia negano la possibilità di una tale combinazione, dimostrino pure che la Russia, per sfruttare le macchine, è stata costretta a passare per un periodo di incubazione della produzione meccanica! Che mi spieghino in che modo sono riusciti  ad introdurre nel loro paese, in qualche giorno per così dire, i meccanismi dello scambio (banche, società di credito, ecc.) la cui elaborazione è costata secoli all’Occidente” (K. Marx, Secondo abbozzo, cit, p. 270)” [Pier Paolo Poggio, Marx, Engels e la rivoluzione russa, Quaderni di Movimento Operaio e Socialista, N° 1, luglio 1974]