“(…) ecco tre prove tradizionali della validità della teoria del valore-lavoro. La prima, è la ‘prova analitica’, o, se preferite, la scomposizione del prezzo di ogni merce nei suoi elementi costitutivi, che dimostra che se si risale abbastanza lontano, si trova soltanto del lavoro. Il prezzo di ogni merce può essere ricondotto a un certo numero di elementi: l’ammortamento delle macchine e degli edifici, ciò che chiamiamo la ricostituzione del capitale fisso; il prezzo delle materie prime e dei prodotti ausiliari; il salario; e infine tutto ciò che è plusvalore: profitto, interessi, affitti, tasse, ecc. Per quanto concerne questi ultimi due elementi, il salario e il plusvalore, sappiamo già che si tratta di lavoro e di lavoro puro. Per quanto concerne le materie prime, la maggior parte dei loro prezzi si riducono in gran parte al lavoro; per esempio, più del 60% del prezzo di costo del carbone è costituito da salari. (…) La seconda prova è la ‘prova logica’; è quella che si trova all’inizio de ‘Il Capitale’ di Marx, e che ha sconcertato non pochi lettori, perché non costituisce certamente il modo pedagogico più semplice per affrontare il problema. Marx pone la seguente questione: vi è un’immensa quantità di merci. Queste merci sono intercambiabili, e ciò significa che esse debbono possedere una qualità comune, poiché tutto ciò che è intercambiabile è comparabile, e tutto ciò che è comparabile deve almeno avere una qualità comune. Solo le cose che non hanno alcuna qualità comune sono incomparabili per definizione. Consideriamo ognuna di queste merci. Quali sono le loro qualità? Esse hanno in primo luogo, una serie infinita di qualità naturali: peso, lunghezza, densità, colore, larghezza, natura molecolare, in breve tutte le loro qualità naturali, fisiche, chimiche, ecc. Forse che una qualsiasi di queste qualità fisiche può essere alla base della loro comparabilità in quanto merci, può essere la comune misura del loro valore di scambio? Può essere il peso? Chiaramente no, perché un chilo di burro non ha il medesimo valore di un chilo d’oro. E’ il volume? E’ la lunghezza? Alcuni esempi dimostreranno subito che non è vero. (…) Si deve trovare in tutte le merci una qualità comune che non sia una qualità fisica. Marx conclude: la sola qualità comune, che non sia fisica, di queste merci, è la loro qualità di essere tutte dei prodotti del lavoro umano, del lavoro umano ‘astratto’. (…) L’unica cosa che le merci hanno di comparabile tra loro dal punto di vista del loro valore di scambio, è che sono tutte prodotti di lavoro umano astratto, sono cioè prodotte da produttori legati tra loro da rapporti di equivalenza, basati sul fatto che producono tutti delle merci per lo scambio. E’ quindi il fatto di essere il prodotto di lavoro umano astratto che è la qualità comune delle merci, che fornisce la misura del loro valore di scambio, della loro possibilità di essere scambiate. E’ dunque la quantità di lavoro socialmente necessario per produrle che determina il valore di scambio di queste merci. (…) Una terza ed ultima prova della giustezza della teoria del valore-lavoro, è la ‘prova per assurdo’, che, d’altra parte, è la più raffinata e la più “moderna”. Immaginiamo per un attimo una società in cui il lavoro umano vivente fosse completamente scomparso, cioè una società in cui tutta la produzione fosse stata automatizzata al 100%. (…) Ma immaginiamo questo fenomeno spinto alle sue estreme conseguenze. Il lavoro umano è totalmente eliminato da tutte le forme della produzione, da tutti i servizi. Può il valore continuare ad esistere in queste condizioni? (…) Una tale situazione sarebbe chiaramente assurda. Si produrrebbe un’immensa quantità di prodotti la cui produzione non creerebbe alcun reddito, poiché nessun essere umano sarebbe intervenuto in questa produzione. Ma si vorrebbero “vendere” questi prodotti per i quali non vi sarebbe più alcun compratore! E’ evidente che in una simile società la distribuzione dei prodotti non si effettuerebbe più sotto forma di vendita di merci, vendita resa d’altronde anche assurda a causa dell’abbondanza generata dall’automazione totale. In altri termini, la società in cui il lavoro umano è totalmente eliminato dalla produzione, nel senso più generale del termine, compresi i servizi, è una società in cui il valore di scambio è egualmente scomparso. Nel momento in cui il lavoro umano è scomparso dalla produzione assistiamo alla contemporanea scomparsa del valore: questo a riprova della giustezza della teoria del valore-lavoro” [Ernest Mandel, Che cos’è la teoria marxista dell’economia, 1974]