“Gli storici della democrazia hanno qualche volta paragonato la Conferenza di Versailles al Congresso di Vienna. E in effetti molte somiglianze esteriori esistono tra i due congressi. Anzitutto per la loro durata. Anche a Versailles, come a Vienna, si ballò molto e si lavorò poco. Le sedute furono spesso interrotte dall’annuncio di nuove esplosioni rivoluzionarie in Europa. Gli scopi stessi della Società delle nazioni erano affini a quelli della Santa Alleanza: si riducevano, in sostanza, a proteggere dalla rivoluzione il nuovo sistema di relazioni internazionali. Ma, in effetti, la pace di Versailles ricordava piuttosto la pace di Francoforte. Per Versailles sono pienamente valide le parole pronunciate da Marx a proposito di Francoforte: “E’ il mezzo più sicuro per trasformare … la guerra in una ‘istituzione europea’… E’ il mezzo infallibile per trasformare la futura pace in un semplice armistizio…” (1). La pace di Versailles non faceva che inasprire per molto tempo i contrasti tra vincitori e vinti. Essa provocava una immensa trasmigrazione di popolazioni, di fronte a cui sarebbero impallidite le più grandi migrazioni di popoli del passato. La Romania espelleva oltre 300.000 persone dalla Bessarabia. Più di 500.000 lasciavano la Macedonia e la Dobrugia. I tedeschi evacuavano l’Alta Slesia. Centinaia di migliaia di ungheresi venivano cacciati dai territori assegnati alla Romania, alla Jugoslavia e alla Cecoslovacchia. 7.500.000 ucraini venivano suddivisi tra la Polonia, la Romania e la Cecoslovacchia.” [Vladimir Potiomkin, Storia della diplomazia (Istoria Diplomatii). Volume quarto, 1956] [(1) K. Marx e F. Engels, Opere, v. XXVI p. 68, ed. russa]