“Il fatto che Marx ancora nella sua polemica con Vogt citi il suo lavoro sui rapporti diplomatici tra Russia e Inghilterra nel XVIII secolo e riprenda le più importanti delle sue conclusioni, dimostra che egli, all’inizio degli anni Sessanta, era rimasto ancora fermo alla sua concezione precedente. Lo sviluppo interno delle Russia da Pietro I ad Alessandro II rimase fuori del suo campo d’indagine. Egli non notò l’evoluzione compiuta dall’assolutismo russo durante questo periodo e sottovalutò lo sviluppo economico della Russia e il suo stretto legame con quello inglese. Egli non vide il fatto che la Russia nel XVI e XVII secolo costituiva una delle più importanti colonie dell’Inghilterra capitalistica, che nel XVIII secolo la fioritura dell’industria di costruzioni navali in Inghilterra e conseguentemente anche la sua egemonia  commerciale durante tutto il periodo delle manifatture si basava sulle esportazioni dalla Russia, che ancora negli anni Sessanta del XIX secolo la Russia era il Paese che approvvigionava  la grande industria inglese di materie prime e di pane gli iloti di questa industria. Non vide, in una parola, che l’assoggettamento e lo sfruttamento delle classi borghesi delle diverse nazioni europee ad opera del despota del mercato mondiale – l’Inghilterra – era possibile, fra l’altro, solo grazie all’aiuto dei despoti della Russia (*). L’assolutismo russo rimase sempre per lui qualcosa di immodificabile. In ‘Herr Vogt’ (1860) egli scriveva ancora: “L’emancipazione dei servi mira semplicemente alla piena realizzazione dell’autocrazia con l’abbattimento delle barriere che il grande autocrate ha trovato finora nei molti piccoli autocrati della nobiltà russa, il cui potere si fonda sulla servitù della gleba, e nelle comunità contadine autonome, il cui fondamento materiale, la proprietà comune, deve essere distrutta da questa cosiddetta emancipazione”. L’assolutismo russo potrebbe così portare avanti la sua politica aggressiva. Non solo . “La emancipazione dei servi nelle intenzioni del governo russo centuplicherebbe del resto la spinta aggressiva della Russia” (38). Già allora Engels esprimeva una concezione diversa – e nelle parole di Marx io vedo una polemica nascosta contro di lui. Nel suo opuscolo ‘Savoia, Nizza e Reno’ (1860), Engels scriveva: “Intanto abbiamo trovato un alleato nei servi della gleba russi. La lotta che ormai è scoppiata in Russia tra la classe dominante e quella dominata della popolazione rurale, mina già fin d’ora l’intero sistema della politica estera russa. Soltanto finché la Russia non aveva nessuno sviluppo politico interno, questo sistema era possibile. Ma questo tempo è passato. Lo sviluppo agricolo e industriale incrementato in tutte le maniere dal governo e dalla nobiltà è cresciuto a un tal grado che non sopporta più le condizioni sociali esistenti. La loro rimozione è da una parte una necessità e dall’altra è cosa impossibile senza un cambiamento violento. Con la Russia che è esistita da Pietro il Grande fino a Nicola cadrà anche la politica estera di questa Russia” (39). Ed Engels aveva ragione. Già allora egli indicava del tutto a ragione che il motivo fondamentale della egemonia europea della Russia consisteva nel principio ispiratore di tutta la politica estera di Caterina II – che la Russia faceva tutto il possibile perché le altre Potenze europee si dilaniassero e si indebolissero tra di loro. E per quanto riguardava la base di questa potenza – la immodificabilità e la stabilità della politica estera russa – egli indicava anche qual era la forza che avrebbe potuto minarla: lo sviluppo politico interno del Paese. Già la rivolta dei Decabristi apparve come un presagio di sventura. E la crescita continua del movimento rivoluzionario in Russia rivelava sempre più che la Russia stava perdendo quella particolarità che, ancora nel 1848, le aveva permesso di guardare dall’alto in basso, con sovrano disprezzo, al “marcio Occidente”. (…) La politica estera dello zarismo, che con l’immodificabilità aveva perso uno dei suoi tratti principali, andava così un passo dopo l’altro verso la bancarotta, ‘in conseguenza di questa contraddizione interna’. La rapacità dell’assolutismo russo era rimasta la stessa, ma mancava adesso la forza per soddisfarla” [David Borisovic Riazanov, Karl Marx sull’origine del predominio della Russia in Europa (Ricerche critiche). (1909)] [(in) ‘Karl Marx, Storia diplomatica del 18° secolo’, 1978] [(*) Con tutto ciò egli stesso, nello scritto ‘Sulla critica ecc.’, aveva indicato: “che il denaro sia una merce, i russi l’hanno capito da bel principio, come è dimostrato non soltanto dall’importazione inglese di grano dal 1838 al 1842, ma anche da tutta la storia del loro commercio” (K. Marx, Per la critica dell’economia politica’, trad. it., Roma, 1957, p. 159); (38) K. Marx, Il Signor Vogt, cit, p. 105; (39) F. Engels, Savoia, Nizza e Reno, trad. it. in Marx-Engels, Sul Risorgimento italiano, Roma, 1959, pp. 471-472]