“Marx attribuiva un’importanza straordinaria alla purezza e alla correttezza dell’espressione. Egli aveva eletto a suoi sommi maestri Goethe, Lessing, Shakespeare, Dante, Cervantes, che leggeva quasi ogni giorno. Per quanto riguarda la purezza e la correttezza della lingua, si ispirava allo scrupolo più meticoloso. (…) Marx era un severo purista. Spesso cercava a lungo, faticosamente l’espressione esatta. Egli era ‘molto’ esigente. Appena aveva scoperto una lacuna nel nostro sapere, esigeva imperiosamente che fosse colmata – ma sapeva anche dare i consigli necessari allo scopo. Quando si restava soli con lui, si era sottoposti a un esame in piena regola. (…) Per la ‘popolarità’ Marx nutriva un sovrano disprezzo. Una cosa che lodava particolarmente in Robert Owen era che egli, ogni volta che una delle sue idee diventava popolare, avanzava una nuova esigenza che lo rendeva di nuovo impopolare. (…) Se detestava la popolarità, chi ne andava a caccia suscitava in lui un sacro furore. Aborriva i parolai dalle frasi forbite. Guai a chi si perdeva nei vuoti giri di parole: con lui egli era inesorabile. ‘Phraseur’ (parolaio) era in bocca sua il peggiore degli insulti, e quando aveva capito di aver di fronte un ‘phraseur’, con quella persona era finita per sempre. Pensare con rigore logico ed esprimere chiaramente i pensieri: ecco ciò che inculcava in noi giovani a ogni occasione, imponendoci di studiare. A quell’epoca era stata costruita una magnifica sala di lettura del British Museum, con i suoi inesauribili tesori bibliografici. Marx, che vi si recava ogni giorno, ci spingeva a frequentarla. ‘Studiare, studiare!’ Questo era l’imperativo categorico che spesso ci gridava con voce squillante, ma che era già contenuto nel suo esempio, nella vista dell’attività incessante, poderosa di quell’uomo. (…) Marx era un maestro severo. Non gli bastava esortarci a studiare: controllava anche se avevamo imparato. Mi ero occupato per un certo tempo della storia delle Trade Unions inglesi. Ogni giorno Marx mi interrogava per sapere a che punto ero, e alla fine non mi diede pace finché non ebbi tenuto una lunga conferenza davanti a numerose persone. Anch’egli volle ascoltarla. Non mi lodò, ma non mi strapazzò nemmeno. Dato che lodare non era nelle sue abitudini, e per lo più lodava soltanto per compassione, mi consolai delle mancate lodi (…). Come maestro Marx aveva la rara capacità di essere severo senza scoraggiare. Un’altra eccellente qualità pedagogica possedeva Marx: ci costringeva all”autocritica’, non tollerava alcuna forma di pigra soddisfazione dei risultati raggiunti. Fustigava l’indolenza e l’amore del quieto vivere con la sferza del suo severo sarcasmo, e nessuno deve ringraziarlo più di me per questa dura disciplina. La gioventù si compiace del successo immediato e del plauso” [Wilhelm Liebknecht, ‘Karl Marx zum Gedächtnis’, 1896] (1850-62)] [(in) Colloqui con Marx e Engels. Testimonianze sulla vita di Marx e Engels raccolte da Hans Magnus Enzensberger, 1977]