“La dissoluzione della famiglia operaia europea ha storicamente inizio nel secolo scorso, in termini così brutali che oggi possono sembrare il parto di un romanziere. Non è tuttavia un romanziere, ma un economista che scriveva allora: “…il potere paterno è suscettibile di abuso come ogni altro potere… per prendere esempio dal campo specifico dell’economia politica, è giusto che i bambini e i ragazzi siano protetti, fin dove può giungere l’occhio e la mano dello Stato, dall’esser sottoposti a un lavoro eccessivo… La libertà di contratto nel caso dei bambini, non è che un altro nome della libertà di coercizione” (18). Quanto in questo brano è visto nella sua immediatezza empirica e quindi interpretato in termini generici di “potere coercitivo”, in Marx trova la sua specifica determinazione allorché rileva che “…le macchine rivoluzionano dalle fondamenta la mediazione formale del rapporto capitalistico, cioè il ‘contratto’ fra operaio e capitalista. Finché si rimane sul fondamento dello scambio di merci, il primo presupposto ‘era’ che il capitalista e l’operaio stessero l’uno di fronte all’altro ‘come persone libere’, come possessori di merci indipendenti, l’uno possessore di denaro e di mezzi di produzione, l’altro possessore di forza-lavoro. Ma ora il capitale acquista dei minorenni o dei semimaggiorenni. Prima l’operaio vendeva la propria forza-lavoro della quale disponeva come persona libera formalmente. Ora vende mogli e figli. Diventa ‘mercante di schiavi'” (19)” [Rodolfo Banfi, Effetti del progresso tecnologico sull’uso della forza-lavoro] [(in) Critica marxista, Roma, n° 1 gennaio-febbraio 1968] [(18) J. St. Mill, Principi di economia politica, 1953; (19) Marx, Il Capitale, I, 2, p. 99]