“Per contro fu osservato già da Marx, e continua a verificarsi, il fatto che il progresso scientifico-tecnico accelera l’obsolescenza della forza-lavoro: a causa della continua modificazione delle modalità produttive, la vita dell’operaio raggiunge il massimo di rendimento (e quindi anche il salario) ben prima della vecchiaia, già durante l’età matura: e quindi comincia presto il declino. Marx aveva denunciato la minore adattabilità ai nuovi macchinari dell’uomo adulto, in confronto al giovane e al giovanissimo: oggi il problema, da una parte è attenuato per il più tardivo ingresso della gioventù nel processo di produzione, ma dall’altra è aggravato per il più veloce ritmo dei mutamenti. (…) Marx, che fu il primo a condurre un’osservazione scientifica su questo ordine di fenomeni, ebbe il grande merito di denunciare che l’invecchiamento della forza-lavoro non consiste soltanto nella minore capacità di sforzi fisici, e neppure consiste nella perdita di condizionamenti acquisiti: ma nella perdita della capacità di acquisire (o di acquisire velocemente) condizionamenti nuovi. Fatto, questo, del quale non tengono conto gli inventori di nuove macchine e i progettisti di nuovi impianti (il dover usare termini pavloviani per riassumere il pensiero di Marx è misura dell’anticipazione delle osservazioni esposte nel ‘Capitale’ sul successivo progresso delle scienze fisiologiche e psicologiche)” [Laura Conti, Il progresso scientifico-tecnologico in Marx e nel capitalismo maturo] [(in) Critica marxista, Roma, anno 7 n° 4-5, luglio-ottobre 1969]