“Accade invece che proprio Engels sia, a mio parere, di grande aiuto per comprendere il pensiero di Marx, espresso nel ‘Poscritto’ del 1873 (alla seconda edizione del Capitale di Marx, ndr): solo che lo Engels da utilizzare non è quello del ‘Ludovico Feuerbach’ ecc. (ove si tratta, almeno principalmente, una diversa questione) bensì della recensione in due articoli (ma rimasta incompiuta) al ‘Per la critica dell’economia politica’, da Marx sollecitata e da lui stesso pubblicata a Londra (agosto 1859) negli ultimi numeri del “piccolo ‘Volk'”. Qui la questione del “metodo”, che assume grandissimo rilievo, è posta da Engels nel suo specifico significato scientifico (“Come trattare la scienza?”). (…) Ma il contrasto, per quanto radicale (…), fra concezione marxista e concezione hegeliana, e relativi “metodi”, comporta anche un elemento di continuità: quell’elemento di continuità per cui la filosofia classica tedesca, ed in particolare lo hegelismo, potrà venir considerata una delle “fonti” del marxismo. (…) Nella situazione metodologica delineata dalla recensione engelsiana del ’59, essa viene in prima approssimazione indicata così: “fra tutto il materiale logico esistente [la dialettica hegeliana] era l’unica cosa a cui almeno ci si potrebbe collegare”. (…) Ebbene, ciò che caratterizza Hegel, dice Engels, è l'”enorme senso storico” che “sta a base” del suo “modo di pensare”, il quale lo conduce a mettere sempre in parallelo “sviluppo del pensiero” e “sviluppo della storia universale” (della ‘Weltgeschichte’). Il “rapporto giusto” è in Engels “arrovesciato” – “collocato sulla testa”, come ripete Marx nel ‘Poscritto’ – e di conseguenza la corrispondente “forma” della dialettica non è meno ‘idealistica’ che ‘astratta’: ma intanto “il contenuto reale penetrava da ogni parte nella filosofia”. Quest’ultimo concetto, che verrà ripreso da Engels nel ‘Ludovico Feuerbach’ ecc., è di grande importanza (…). Sotto questo aspetto ciò che conta in Hegel (…) è il tentativo di “dimostrare nella storia l’esistenza di uno sviluppo, di una coesione interiore”, e il fatto che sempre lui (nella fenomenologia, nell’estetica, nella storia della filosofia ecc.) “la materia viene trattata in modo storico, in una certa connessione, sia pure astratta e a rovescio, con la storia”. Proprio per questo la filosofia di Hegel “fa epoca” (è ‘epochenmachend’). E non solo “costituisce la premessa teorica diretta della nuova concezione materialistica”, ma, per i caratteri sopra indicati, “offre già un punto di collegamento [‘Anknüpfungspunkt’] per il metodo logico”. Del resto, dice Engels, se quella dialettica “aveva liquidato con facilità la precedente logica e metafisica, doveva essere in ogni caso qualcosa più che sofisticheria”. Ma la stessa ricerca del “punto di collegamento per il metodo logico” è proiettata, nella recensione engelsiana del ’59, su uno schermo più vasto: e precisamente su quello delle conseguenze ‘sistematiche’ del metodo. Anche questo è un elemento che non dobbiamo lasciarci sfuggire, un elemento di concretezza (…). Almeno ciò è valido per chi condivida la esigenza sistematica, e fra questi sono indubbiamente Marx ed Engels. Ora, è interessante per la nostra questione che quella esigenza venga presentata da Engels innanzi tutto in rapporto (storico) a Hegel. “Dalla morte di Hegel in poi  – egli dice a proposito della struttura sistematica dell’opera recensita – non si era fatto alcun tentativo di sviluppare una scienza nella sua propria connessione interna”. La differenza capitale, naturalmente, è che il tentativo di Marx è intieramente riuscito, cioè si pone intieramente sul terreno scientifico. Ciò lo distacca radicalmente dai risultati anche positivi di Hegel i quali tuttavia, a causa delle caratteristiche (astratto-idealistiche) del metodo, non aveva dato luogo, né lo potevano, ad alcuna sistemazione scientifica: in nessun campo” [Cesare Luporini, “Rovesciamento” e metodo nella dialettica marxista] [(in) Critica marxista, Roma, n° 3, maggio-giugno 1963]