“”Sviluppare una scienza nella sua propria connessione interna” (Engels, Recensione a ‘Per la critica dell’economia politica’, 1859, ndr). Era, come si è accennato, una esigenza riconosciuta da Marx (e questo è il senso  fondamentale della ‘Introduzione del ’57). La sua “critica dell’economia politica” non è separabile da essa, dalla istanza della esposizione dialettica come forma sistematica risultante dalla “critica” stessa. A proposito delle velleità di Lassalle di “esporre l’economia politica alla Hegel” scrive Marx ad Engels il 1° febbraio 1858: “Imparerà a sue spese che ben altra cosa è arrivare a portare per mezzo della critica una scienza  al punto da poterla esporre dialetticamente, ed altra applicare un sistema di logica astratto e bell’e pronto a presentimenti per l’appunto di tale sistema”. Ora, il successo scientifico ottenuto da Marx nel ‘Per la critica’ viene posto da Engels, sotto l’angolatura metodologica, in strettissima connessione di dipendenza, innanzi tutto con un”altra’ critica (altra rispetto a quella direttamente concernente “tutta la letteratura economica”, più generale e preliminare: la critica al metodo hegeliano. Nell’interno di essa, evidentemente e non fuori, dobbiamo ricercare quel “punto di collegamento per il metodo logico”. Tale critica a sua volta è presentata come una riforma (così possiamo chiamarla) del “metodo dialettico” operata da Marx, che al contempo salva “le vere scoperte di Hegel”. (Molti anni più tardi, appunto nel ‘Ludovico Feuerbach’ – sul piano proprio di questa opera, che è direttamente ‘storico’ e solo indirettamente ‘teorico’ – Engels insisterà retrospettivamente sulla necessità storica, condizionata dalle circostanze concrete della “evoluzione spirituale”, che la dialettica hegeliana fosse ‘superata’ criticamente, e non semplicemente messa in disparte, come avrebbe fatto Feuerbach. E quel superamento compiuto da Marx viene interpretato come ‘annientamento critico’ della “forma” della dialettica hegeliana e salvataggio del “contenuto acquisito per mezzo dii essa”).  Quel che dobbiamo dire è che non si tratta di una particolare inclinazione hegeliana di Engels, ma, ancora una volta, di una posizione comune ai due, e semmai, in Engels, allora, sollecitata intellettualmente da Marx: “Se tornerà mai il tempo per lavori del genere, avrei una gran voglia di rendere accessibile all’intelletto dell’uomo comune, quanto vi è di ‘razionale’ nel metodo che Hegel ha scoperto, ma nello stesso tempo mistificato”, gli scriveva Marx nel gennaio del 1858. All’intelletto dell’uomo comune: nella recensione engelsiana del ’59 il metodo dialettico di Marx in confronto di quello di Hegel è qualificato due volte come metodo “semplice”… Quella notazione di Marx era occasionata da una rilettura della ‘Logica’ di Hegel, che egli aveva “reso un grandissimo servizio” (“quanto al metodo”) durante la elaborazione del ‘Per la critica dell’economia politica’. E’ quasi in contrappunto (per noi) alla citata frase della lettera di Marx che Engels nella recensione dell’agosto 1859, pone la detta questione della critica del “metodo” hegeliano, del suo ‘superamento critico’ (come verrà chiamato nel ‘Ludovico Feuerbach’. “Marx era ed è il solo che si poteva accingere al lavoro di estrarre [‘herausschälen; alla lettera: tirar fuori dal guscio o dalla scorza] dalla logica hegeliana il nocciolo che racchiude le vere scoperte fatte da Hegel in questo campo e di stabilire il metodo dialettico spogliato dei sui veli idealistici, nella forma semplice in cui esso è la sola forma giusta dello sviluppo del pensiero”. (…) Ma queste parole, sopra citate, di Engels sono riprese da Marx quasi alla lettera e, insieme, mantenute sul piano della questione generale nel ‘Poscritto’ del ’73. Il “nocciolo che racchiude le vere scoperte ecc.” diventa il “nocciolo razionale” (secondo l’aggettivo già usato da Marx nella lettera del 14 gennaio 1858). I “veli” (o inviluppi: ‘Umhüllungen’) “idealistici” diventano lo “involucro” (o inviluppo: ‘Hülle’) “mistico” ecc. E tutto il discorso è legato all’idea attiva del “rovesciamento”. (…) E’ dunque il “rovesciamento” della dialettica hegeliana (…) a render possibile la ‘scoperta’ di ciò che vi è di “razionale” in quella dialettica stessa, e che Hegel, avendoci messo le mani sopra (cfr. lettera citata del gennaio 1858), ha in pari tempo ‘mistificato’. La demistificazione della dialettica è quella “critica” del metodo hegeliano, a cui Engels soltanto accennava nella recensione del ’59. Nel ‘Poscritto’ del ’73 Marx non lascia dubbi su ciò a cui dobbiamo riferirla, nella sua opera, almeno come delimitazione nel tempo. “Ho criticato il lato mistificatore della dialettica hegeliana quasi trent’anni fa…” (Ma quanto è hegeliana la parola “lato”, prima di essere marxista). Come aveva fatto nella Prefazione del ‘Per la critica dell’economia politica’, circa la scoperta del materialismo storico, così qui, a proposito di questa critica del “lato mistificatore”, egli si riferisce a quel gruppo di opere giovanili che vanno dalla ‘Critica della hegeliana filosofia del diritto pubblico’ alla ‘Ideologia tedesca’ (ma, tranne la ‘Sacra famiglia’, rimaste inedite), nelle quali è racchiuso il suo processo mentale di liberazione dallo hegelismo e dalla scuola hegeliana (nonché da Feuerbach)” [Cesare Luporini, “Rovesciamento” e metodo nella dialettica marxista] [(in) Critica marxista, Roma, n° 3, maggio-giugno 1963]

(pag 113-115)