“Ho accennato – ma l’ho svolta altrove, e qui non è il caso di svilupparla a fondo – alla possibilità di riconoscere in Marx, anche se non senza contraddizioni, una distinzione tra il concetto di istruzione “tecnologica” e quello di scuola “politecnica”. Un giornale di oggi diceva che io ero chiaramente filosovietico nel momento in cui parlavo di un insegnamento di questo genere: in realtà spesso io ho polemizzato con i compagni e colleghi sovietici perché loro, sulla scorta di Lenin, che è stato del resto l’interprete più corretto di Marx, hanno ridotto alla definizione, e forse un po’ anche alla pratica del politecnicismo ciò che Marx aveva piuttosto indicato – nel ‘Capitale’ – come “istruzione tecnologica teorica e pratica”. Anzi Marx, in uno scritto contemporaneo al primo libro del ‘Capitale’, cioè le ‘Istruzioni ai delegati’ per il primo congresso dell’Internazionale, diceva esattamente: “Noi per istruzione intendiamo tre cose, istruzione intellettuale, fisica e tecnologica”; ma nelle traduzioni russe e anche tedesche – Marx aveva scritto in inglese – si usa in genere il termine “politecnico” (da qui anche gli equivoci) e definiva l’istruzione tecnologica, che nel ‘Capitale’ sintetizzerà appunto con l’espressione “teorica e pratica”, come quella che fa conoscere i fondamenti ‘scientifici’ generali di tutti i processi di produzione e dà la capacità ‘pratica’ del maneggio degli strumenti fondamentali di tutti i mestieri. Se aggiungiamo – come fa Marx subito dopo – la ragione politica, cioè la presa del potere, ciò implica tre momenti certamente umani e non macchinali: scienza, produzione e politica” [Mario Alighiero Manacorda, La scuola degli adolescenti. Dieci anni di ricerche e dibattiti sulla riforma dell’istruzione secondaria, 1979]
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- Articolo pubblicato:12 Novembre 2013