“La politica economica poi adottata dalla Russia sovietica nell’ambito del commercio estero aveva ben poco a che fare con le teorie di Marx ed Engels. Ovviamente il comunista Marx non poteva essere un liberista di Manchester, eppure nel suo famoso discorso sull’argomento, alla vigilia del 1848, aveva affermato chiaramente di preferire il libero commercio al protezionismo, perché aveva effetti più rivoluzionari sui paesi interessati. Tuttavia egli non ignorava l’utilità del protezionismo ai fini di un veloce sviluppo industriale in paesi meno avanzati, qual era la Germania di quegli anni. Engels, d’altra parte, si opponeva in modo irremovibile ai membri socialisti del Parlamento tedesco che intendevano votare in favore di tariffe a protezione delle industrie tedesche del ferro e dell’acciaio. Quando Lenin conobbe il socialismo tedesco la maggioranza dei leader dei Sindacati dei lavoratori tedeschi era a favore del protezionismo industriale. Nei loro confronti Lenin, marxista russo rappresentava la tendenza internazionalista di stampo occidentale nel movimento rivoluzionario diretto contro lo zarismo. Il nazionalismo rivoluzionario poteva in un certo senso essere fatto risalire ai discendenti del “populismo”, convinti che la vecchia comunità contadina potesse costituire la base del socialismo in Russia. Tutto ciò naturalmente riguardava una società “feudale” o capitalista. (…)” [Leo Valiani, La rivoluzione nel Sud sottosviluppato: un approccio storico] [(in) Leo Valiani, a cura di Enrico Mannucci e Andrea Ricciardi, Questione meridionale e Unità d’Italia: uno scritto inedito, 2012]