“L’analisi della tecnologia da parte di Marx è decisamente più ricca di quella degli economisti classici e si fonda su un’ampia documentazione storica, in parte mutuata dalle ricerche dei primi grandi studiosi della tecnologia e dell’organizzazione industriale come Ure e Babbage. Intanto il suo osservatorio, di qualche decennio posteriore a quello di Ricardo, gli consente di analizzare una tipologia del mutamento tecnico molto più articolata: ad esempio il risparmio di capitale fisso e di materie prime, le economie di dimensione ecc. In secondo luogo Marx, anche se accetta la ricerca di extraprofitti come ‘motivazione’ individuale dell’innovatore, si propone di dare una spiegazione endogena delle tendenze tecnologiche ‘generali’, analizzando le più complesse connessioni tra comportamento innovativo, meccanismi di mercato e rapporti sociali. Questo approccio viene chiarito in un famoso passo del ‘Capitale’: “Una storia critica della tecnologia dimostrerebbe in genere quanto piccola sia la parte di un singolo individuo in una invenzione qualsiasi del diciottesimo secolo (…). La tecnologia svela il comportamento attivo dell’uomo verso la natura, l’immediato processo di produzione della sua vita, e con essi l’immediato processo di produzione dei suoi rapporti sociali vitali e delle idee dell’intelletto che ne scaturiscono” (Marx (b), vol. 1, 73). In sintesi, la tesi centrale di Marx è che l’eventuale procedere dell’accumulazione a un tasso superiore a quello a cui si espande l’offerta di forza lavoro crea le condizioni per un innalzamento del suo prezzo (anche indipendentemente dai rendimenti decrescenti ricardiani) e una caduta del saggio di profitto che, a sua volta, provoca un affievolimento dello stimolo a investire. Si genera così il ciclo descritto nel capitolo 23 del primo libro del ‘Capitale’, il cui punto di svolta è determinato dagli effetti depressivi sull’investimento degli aumenti salariali connessi alle tensioni sul mercato del lavoro. Un modo per contrastare tali effetti depressivi è quello di introdurre metodi produttivi risparmiatori di lavoro, tali cioè da innalzare la produttività e da creare una “sovrappopolazione operaia” (o esercito industriale di riserva) capace di regolare il livello generale del salario. Sia la divisione del lavoro di Smith che la meccanizzazione ricardiana possono assolvere a questo scopo. Tuttavia allo stadio di sviluppo tecnico-organizzativo conosciuto da Marx (la moderna fabbrica capitalistica che ha soppiantato la manifattura smithiana) questi tipi di innovazioni non sono più indipendenti. Per ottenere un grado più elevato di produttività è necessario un livello di controllo, disciplina e coordinamento delle singole operazioni manuali che solo un sistema integrato di macchine può realizzare. La meccanizzazione assume così la forma del ‘macchinismo’ (ibid. cap. 13)” [Lorenzo Rampa, Tecnica] [(in) Dizionario di economia politica, diretto da Giorgio Lunghini, con la collaborazione di Mariano D’Antonio, 15. Concorrenza Risparmio Sviluppo Tecnica, 1989]
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- Articolo pubblicato:15 Ottobre 2013