“Può essere interessante osservare che nella ‘Storia d’Italia’, quando Croce rievoca il grande risveglio, nell’ultimo decennio del secolo, di tutti gli aspetti della vita culturale e politica italiana, “che furono – come egli scrive – compenetrati dal socialismo marxistico e rinvigoriti”, avverta però il bisogno di aggiungere: “Solo sulla letteratura e sulla poesia esso non ebbe e non poteva avere efficacia…”; e ancora dopo: “La poesia e letteratura italiana continuava la sua strada indipendentemente dal socialismo e dai suoi atti e fatti…”. Affermazioni che, proprio nella loro ingenuità e banalità, sono il segno della quasi ossessiva preoccupazione di ribadire l’autonomia della ‘poesia’ nei confronti del marxismo. Ben altro valore hanno invece, nel medesimo contesto, i giudizi positivi sul “marxismo italiano, quale fu interpretato e divulgato particolarmente dalla ‘Critica sociale’ del Turati e dagli altri scrittori di simile provenienza, (…) dagli intendenti giudicato ‘impuro’, e impuro era in effetto e a sua lode, …”. “Solo marxista rigido e conseguente voleva essere e si persuadeva di essere, e pareva che fosse, Antonio Labriola; …”, ma per fortuna “accanto al Labriola, un suo scolaro, avanzando per la strada da lui aperta, e contrastato e disapprovato da lui per questo ardire, sottomise a revisione tutte le tesi principali del Marx,…”; ed anche “altri scrittori socialisti lavoravano, come potevano e sapevano, allo stesso fine”, sicché, qualche anno dopo, “il Giolitti annunziava nella Camera italiana che Carlo Marx era stato dai socialisti ‘riposto in soffitta’” [Mario Agrimi, Dibattito sul marxismo ed origini dell’egemonia idealistica: Antonio Labriola. (Estratto da: Società e cultura dell’Italia unita, a cura di Paolo Macry e Antonio Palermo), 1978]