“Dato così qualche cenno di critica alla legge di Say, di cui sempre si parla quando si studiano le crisi economiche, dobbiamo chiederci quale è la giusta via per seguire le orme di Marx. E dobbiamo allora rispondere che si tratta di sostituire all’astrazione individuale aproristica l’astrazione determinata e storica, il che significa inquadrare in modo esatto il problema della crisi. D’altra parte, Marx stesso, nel III libro del “Capitale”, ci avverte in che modo possiamo affrontare il nostro problema: “periodicamente si verifica una produzione di troppi mezzi di produzione e mezzi di sussistenza per permetterli di usarli come mezzi di sfruttamento dei lavoratori ad un certo saggio di profitto… non che si produca troppa ricchezza, ma si ha una periodica sovrapproduzione di ricchezza nella sua forma capitalistica e contraddittoria… il modo capitalista di produzione non può, per questa ragione, superare una certa scala di produzione, che sarebbe inadeguata in altre condizioni. Il sistema pertanto si arresta ad un punto determinato della produzione e realizzazione del profitto e non della soddisfazione dei bisogni sociali”. Si noti come in questo passo Marx chiarisca il suo concetto di ‘produzione relativa’ (cioè non assoluta, o ancora una produzione che è relativa a certe condizioni di classe e ad un certo livello del profitto). Pure, nel II libro del “Capitale”, Marx scriveva: “Ricardo concepisce la tradizione capitalistica come una forma assoluta di produzione, di cui le condizioni particolari non dovrebbero mai contraddire, od ostacolare gli scopi generali della produzione: l’abbondanza…”” [Giulio Pietranera, La teoria delle crisi capitalistiche nell’opera di Carlo Marx. Economia politica. XV lezione, Roma, 1955]