“Quanto considerato finora parrebbe dunque prospettare l’economia globale come una sorta di mutazione del sistema capitalistico. Ma forse, a ben guardare, al di là delle innegabili spesso spettacolari trasformazioni causate soprattutto dal progresso scientifico e tecnologico, che hanno investito l’organizzazione produttiva e conseguentemente le condizioni di lavoro e di vita di vaste aree sociali, non è difficile riconoscere in tutto ciò le sembianze del capitalismo di sempre. A riprendere in mano i classici si hanno in proposito davvero significative sorprese, addirittura se ne riporta a tratti una sensazione allucinante di attualità. Già nel 1848 nel ‘Manifesto del partito comunista’ Marx e Engels parlavano di “epidemie di sovrapproduzione”, cui si risponde con “la conquista di nuovi mercati e più radicale sfruttamento di quelli vecchi”, con abbassamento dei prezzi e una concorrenza sempre più dura, che spinge la borghesia “su tutta la faccia della terra”, a “plasmare in senso cosmopolita la produzione e il consumo di tutti i paesi” (2). E le analogie appaiono ancor più convincenti se – secondo ipotesi da più parti avanzate – si legge la globalizzazione come la risposta a una delle ricorrenti crisi cicliche: crisi di accumulazione, da cui il capitale si difende con le strategie che gli sono proprie, facendo ciò che ha sempre fatto e che attiene alla sua natura, e a questo fine sfruttando tutti gli strumenti disponibili. Dunque spostando la produzione da paesi in cui la valorizzazione riesce sempre più difficile verso paesi che offrano condizioni più favorevoli; accettando, quando convenga, o addirittura sollecitando politiche keynesiane, non importa se in aperta contraddizione con le regole del mercato e con il credo neoliberistico; mettendo in piedi il gran teatro della finanziarizzazione più spinta quando scarseggino altri spazi per investimenti proficui. Forse ha ragione chi parla di capitalismo senza aggettivi, sempre uguale a se stesso” [Carla Ravaioli, Un mondo diverso è necessario, 2002] [(2) Karl Marx Friedrich Engels, Manifesto del partito comunista, Rizzoli, 1998, p. 61]