“Engels, fin dal 1845 delineò i meriti e le eccezionali potenzialità di dilatazione delle Trade Unions nella sua inchiesta sulle classi lavoratrici inglesi. Constatava sociologicamente e storicamente il successo e la forza organizzativa delle Trade Unions e ne chiariva i fini (1): “Queste associazioni si costituirono in tutti i rami di produzione con l’obiettivo dichiarato di proteggere il singolo operaio contro la tirannide e la trascuratezza della borghesia. I loro scopi furono: fissare il salario e contrattare ‘en masse’, come ‘potenza’, con i datori di lavoro, regolare il salario secondo il profitto del datore di lavoro, elevarlo quando il momento fosse propizio a mantenerlo dappertutto a un medesimo livello per ogni singolo mestiere”. Rilevava ancora Engels che, per raggiungere tali fini, le Trade Unions avevano spesso atteggiamenti di “chiusura” (che sarebbero poi stati detti essere “economicistici”), come la fissazione di una “scala salariale”, la limitazione del numero degli apprendisti, la difficoltà dell’accettazione della meccanizzazione, mentre, per contro, egli giudicava positivi i propositi di difesa dei livelli salariali e l’appoggio concesso ai disoccupati. La reazione dei ceti capitalistici più ottusi si fece presto sentire; ed Engels commentava: “Si comprende da sé che queste associazioni contribuiscono notevolmente ad alimentare l’odio e l’esasperazione degli operai nei confronti della classe possidente”. Ancora, all’inverso: “La classe possidente e soprattutto gli industriali che sono a diretto contatto con gli operai si scagliano con la massima violenza contro queste associazioni e cercano senza tregua di dimostrare agli operai l’inutilità, servendosi di argomenti che secondo i criteri dell’economia politica sono pienamente validi, ma che appunto perciò sono in parte fallaci, e non hanno alcuna presa sull’operaio”. Engels definì dunque, sulla base di considerazioni contingenti, i motivi di fondo di una visione classista della lotta sindacale. Questi vennero enunciati da Marx nel corso della polemica contro Proudhon, vale a dire nel 1846-47, e poi via via precisati negli anni seguenti. L’associazione dei datori d’opere, contrapposta a quella dei datori di lavoro, era ritenuta da Marx ineliminabile, opportuna e foriera di generale progresso sociale; i lavoratori difendevano se stessi tramite la “coalizione”, anzi, imparavano a difendersi e a porre agli imprenditori singoli, e più genericamente ai capitalisti, richieste concernenti sia il loro lavoro sia la loro vita, inerenti in particolare al “rialzo dei salari”. Contro Proudhon che obiettava – con osservazione consueta al capitalismo più retrogrado d’ogni tempo – che aumenti salariali avrebbero comportato accrescimenti di prezzi e alla fin fine povertà e carestia generali, e che perciò negava la validità della coalizione medesima, Marx controbatteva, alla luce di quanto era accaduto in Inghilterra, che questa “proporzionalità” non sussisteva: proprio l’accrescimento del monte salari poteva generare un incentivo per l’espansione della produzione. Le coalizioni, anche solo per questo fatto, erano di conseguenza una componente progressiva (2)” [Gian Mario Bravo, Marx e la Prima Internazionale, 1979] [(1) Engels, La situazione della classe operaia in Inghilterra, 1845, Roma 1972; (2) Marx, Miseria della filosofia, Roma, 1950, pp. 136-137]