“Mentre in Ricardo valore e prezzo coincidono immediatamente, per Marx valori e prezzi sono due categorie distinte: i valori si ‘trasformano’ in prezzi (di produzione) per effetto di un processo governato dalla concorrenza tra i diversi capitali. Questa questione, il cosiddetto “problema della trasformazione”, ha dato luogo a una ricchissima letteratura, sia di parte marxista che di parte antimarxista, nella quale la “trasformazione” è vista di volta in volta come processo storico (Engels), come processo che davvero si dà nel sistema capitalistico, come problema matematico, o come una combinazione fra processo storico e problema matematico (Morishima; Meek). La lezione prevalente è quella aritmomorfica: si tratterebbe di modellare il “problema” nella forma di quei problemi delle “scienze della natura” che ammettono definizione e decidibilità matematica. Leggendo il ‘Capitale’, tuttavia, pare più convincente l’idea di una “trasformazione” come processo reale. Converrà dunque partire dall’interpretazione autentica della questione, che è affrontata da Marx nel terzo libro del ‘Capitale’, al capitolo “Formazione di un saggio generale del profitto (saggio medio del profitto) e trasformazione dei valori delle merci in mezzi di produzione” (Marx (b), vol. 3, cap. 9). Per Marx, come si è visto, il saggio del profitto dipende dal saggio del plusvalore e dalla composizione organica del capitale. Il saggio del profitto deve essere uniforme nei diversi settori, poiché se così non fosse la concorrenza fra capitalisti farebbe spostare i capitali dai settori a basso saggio del profitto verso quelli ad alto saggio del profitto, fino a quando non si sia formato un saggio ‘generale’ del profitto. Saggio ‘generale’ del profitto che è determinato da due fattori: “1) dalla composizione organica dei capitali nelle diverse sfere di produzione, e quindi dai diversi saggi del profitto ad esse corrispondenti; 2) dalla ripartizione del capitale complessivo sociale in queste diverse sfere, cioè dalla relativa entità del capitale impiegato in ogni singola sfera e, per conseguenza, da un particolare saggio del profitto; cioè dalla proporzionale aliquota del capitale complessivo sociale assorbita da ogni singola sfera di produzione. (Ibid. 204). Anche il saggio del plusvalore è uniforme nei diversi settori, poiché è ragionevole pensare che la lunghezza della giornata lavorativa e il salario siano uguali in tutte le attività; mentre per ovvie ragioni tecnologiche non è uniforme, nelle diverse attività, la composizione organica del capitale (che dipende da due fattori: dal rapporto tecnico tra forza lavoro impiegata e massa dei mezzi di produzione impiegati, e dal prezzo di tali mezzi di produzione). Ora, se le merci si scambiassero secondo la regola del lavoro contenuto si manifesterebbe una contraddizione: il saggio del profitto risulterebbe diverso nei diversi settori. I valori dovranno ‘trasformarsi’, per effetto della concorrenza, in prezzi (i prezzi di produzione) tali da assicurare l’uniformità del saggio del profitto. Per Marx lo sfruttamento, e dunque il saggio di plusvalore, è un ‘prius’ rispetto al momento della circolazione e dello scambio, poiché si dà nella sfera della produzione: i prezzi devono dunque essere ‘derivati’ dai valori. (…)” [Giorgio Lunghini, Valore] [(in) Dizionario di economia politica. Commercio internazionale – Valore, 1990, diretto da Giorgio Lunghini con la collaborazione di Mariano D’Antonio]
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- Articolo pubblicato:11 Marzo 2013