“Tali ideologie, col fatto stesso di proporre una nuova organizzazione della società, mettevano in dubbio il carattere dell’immutabilità che gli apologisti dell’Economia classica e del liberalismo avevano attribuito alla proprietà privata dei mezzi di produzione e di scambio e ad altre istituzioni da loro stimate proprie dell’ordine provvidenziale o emanazione della natura dell’uomo. I moti proletari, col perseguire un rivolgimento radicale della società, indicavano chiaramente che l’impulso al mutamento veniva dalla stessa realtà delle cose. Fu allora che il Marx e lo Engels tentarono di dare al socialismo la ‘coscienza della sua propria necessità’. Fino a questo tempo si era rimproverato ai socialisti di essere degli utopisti, di perseguire fini chimerici, totalmente avulsi dalle umane possibilità. Il Marx e l’Engels vollero dare alla loro azione pratica, alla lotta politica che combattevano, una base teorica, una giustificazione razionale. E sempre fino allora ci si era appellati a principi etici, ai principi della eguaglianza e della fratellanza come a quelli che giustificavano le richieste dei proletari, essi, in armonia con le tendenze della filosofia e della scienza del loro tempo, si richiamarono alla ‘necessità storica’. Perciò la loro concezione socialistica venne incardinata in una concezione generale della vita e del mondo, in una ‘Lebens und Weltanschauung’. Il Marx innestò nella filosofia hegeliana una serie di idee che al suo tempo circolavano già largamente (L. Dal Pane, Intorno alle origini del materialismo storico, in ‘Giornale degli Economisti’, 1938 e segg.). E dei risultati di questa fusione si servì come di bussola intellettuale per intendere la storia contemporanea e le origini di essa, per capire, cioè, i presupposti storici del mondo in cui svolgeva la sua azione politica. Se ne servì anche come mezzo per dare alla sua azione un fondamento razionale” [Luigi Dal Pane, Orientamenti per lo studio della storia economica, 1965 ca.]