“Se Marx aveva scritto ad Engels nel 1870: “Bismarck, ora come nel 1866 fa sempre un pezzo del nostro lavoro; a modo suo e senza volerlo, ma lo fa”, intendendo che il rafforzamento dell’egemonia del blocco storico raccolto attorno al Cancelliere faceva muovere la società europea verso l’inveramento del capitalismo e quindi verso le mète additate da Marx al movimento operaio, alla fine del secolo il partito socialista tedesco solo più per motivi propagandistici e retorici riprendeva il linguaggio rivoluzionario: la sua pratica politica, invece, era del tutto e costantemente rivolta in senso riformistico a trarre benefici per la classe operaia tedesca dal rapido arricchimento della Germania e dalla sua conquista di mercati sempre più ampi sia in Europa che in altre vaste zone del globo, per lo più ancora ferme all’economia agraria. Contro questa posizione si schiera, nei primi anni del secolo, Rosa Luxemburg, sollecitata non solo dall’avversione politica per i compromessi socialriformistici, ma anche dalle perplessità suscitate in lei dall’impostazione data da Marx alla questione dell’accumulazione. A giudizio della Luxemburg la descrizione del Marx non corrisponde alla realtà dei fatti. Solo con la vendita delle merci e l’incorporazione del plusvalore si verificherebbe effettivamente l’accumulazione. “Come nel caso del capitalista singolo, così per la classe capitalista considerata nel suo complesso il plusvalore deve essere “realizzato” cioè trasformato in denaro ‘prima’ di poter essere adoperato per comprare forza-lavoro e capitale costante addizionale” (ampliamento dei mezzi di produzione, delle attrezzature, etc.). Ma se solo i capitalisti sono in grado di effettuare gli acquisti poiché sono gli unici a disporre dei mezzi finanziari, l’accumulazione diviene impossibile, giacché il processo di produzione della merce, della vendita e dell’accumulazione del plusvalore si esaurisce all’interno del capitale accumulato esistente. Accumulazione esisterà quindi solo grazie alla presenza di paesi non capitalisti accanto a quelli capitalisti. I primi offrono ai secondi quella possibilità di smercio che consente l’accumulazione, con l’allargamento della domanda. Data l’influenza che tale tesi ha recentemente riacquistato (si pensi ad esempio alla contrapposizione dei paesi capitalistici – industrializzati – considerati come un’unica grande “città” assediata dalla “campagna”, raffigurante i paesi sottosviluppati ad economia agraria) non sarà inutile leggere almeno le pagine dell”Anticritica (ciò che gli epigoni hanno fatto della teoria marxista’, ora in ‘Appendice’ all”Accumulazione del capitale’), in cui Luxemburg riassume con forza il proprio punto di vista (Torino, 1960, con introduzione di P.M. Sweezy)” [Aldo Alessandro Mola, L’economia italiana dopo l’unità. Finanza – Accumulazione del capitale – Industria’, 1971]