“Merlino individua con chiarezza il carattere specifico della grande impresa dell’autore tedesco, cioè l”essenzialismo concettuale e metodologico’. Secondo Merlino, poiché tutto il ‘Capitale’ poggia sull’analisi del tempo di lavoro e dunque sull’idea di lavoro astratto individuato nel rapporto fondamentale tra capitalista e operaio, ne deriva la sottovalutazione del ruolo fondamentale del potere politico e delle connessioni tra questi e il potere economico. Marx “stima molto meno del loro valore la parte che ha lo Stato nella spoliazione dell’operaio, le rendite che esso distribuisce alle diverse branche della classe dirigente, i servizi che rende agli uni e le esazioni che fa subire agli altri”. Si tratta di un modello fondato “sopra un’astrazione o piuttosto una serie di astrazioni. Marx prescinde dalla natura e dei movimenti reali dell’uomo, dalla natura e dalle qualità specifiche del lavoro, dalla natura e dalle qualità specifiche delle cose, infine da tutte le circostanze che precedono, accompagnano e seguono la produzione (…) egli sopprime senz’altro le differenze qualitative tra i lavori, riducendo tutti i lavori, compreso quello artistico, intellettuale, d’invenzione o professionale, a un lavoro astratto, indistinto, eguale e rudimentale”. In conclusione, l’essenzialismo metodologico porta Marx a creare un modello teorico sciolto da ogni specificità storica, geografica, etnografica, culturale, cioè dall’insieme delle differenze reali che determinano i diversi contesti storici. Questo essenzialismo, a sua volta, deriva completamente da Hegel e dalla scienza economica borghese: “Marx credette a queste leggi, e ripeté che esse sono fisse e incrollabili, ma – hegeliano impenitente qual era – aggiunse che crollerebbero e si distruggerebbero da sé, poiché il capitale si accumula a un polo e il lavoro al polo opposto della società. L’urto, vale a dire la rivoluzione, sarebbe inevitabile” (57). L’osservazione merliniana coglie nel segno. In effetti la metodologia di Marx si basa sull”astrazione determinata’, cioè sulla creazione di un modello euristico capace di sussumere e di spiegare i fatti specifici e concreti della diversificazione reale. Questo modello, che definisce il concreto come “unità del molteplice” (58), mentre risulta paradossale per la logica formale – perché la riduzione della molteplicità dei dati sensibili all’unità è il compito della conoscenza non già concreta, bensì astratta delle cose – è del tutto razionale per la logica dialettica” [Giampietro Berti, ‘Francesco Saverio Merlino. Dall’anarchismo socialista al socialismo liberale, 1856-1930’, 1999] [‘(57) F.S. Merlino, ‘La doctrine de Marx et le nouveau programme des socialdémocrates allemand’, “La Societé Nouvelle”, VII (1891, set.), pp. 272-292, ora in Id., ‘Concezione critica…’ pp. 63, 65, 67 (…). A sottolineare l’hegelismo di Marx è la più autorevole tradizione marxista: I. Lenin, ‘Karl Marx’, 1965, p. 61; G. Lukacs, ‘Storia e coscienza di classe’, 1973, p. LXVII; R. Rosdolsky, ‘Genesi e struttura del “Capitale” di Marx’, 1975, vol. I. pp. 6-7. Come aveva avvertito Merlino, questo essenzialismo metodologico iniziava da Hegel. Infatti: “Nel processo del pensiero scientifico è importante che l’essenziale sia distinto e posto in rilievo in contrapposto con il cosiddetto non-essenziale”, G.F. Hegel, ‘Lezioni sulla filosofia della storia’, 1942, vol. I, p. 194; (58) Marx, Lineamenti fondamentali, vol. I. p. 27′]